1.16. Materie prime, rendita immobiliare e loro rapporto con la legge generale dello sfrutta-mento delle condizioni di necessità.[1]

 

SINTESI: 1.16.1.i: La questione materie prime; 1.16.2.i: La rendita immobiliare.

 

1.16.1.        LA QUESTIONE MATERIE PRIME

 

1.16.1.1.   Se il frumento provenga dal Canada, dall’Argentina, o dalla Siberia o dal campo del vicino,

1.16.1.1.1.             se sia quello di un emigrante tedesco - tormentato dal gravame di quel dazio, che invece favorisce il corpulento proprietario terriero della Pomerania[2] - che gliene importa al mugnaio, che guarda solo al rapporto prezzo/qualità?

1.16.1.1.2.             E la stessa cosa succede per tutte le materie prime: ognuno, anche per esse, si preoccupa solo di quel rapporto, rimanendo invece completamente indifferente alla loro origine.

1.16.1.1.3.             E se il produttore, grazie al nostro acquisto, diventi ancora più ricco, mentre quell’altro - a cui l’abbiamo negato - vada invece in rovina - non ce ne frega niente, se per noi c’è vantaggio!

1.16.1.2.   Questa colpevole indifferenza risalta al massimo con le monete: chi s’informa, di dove, come e quando sia stato guadagnato l'oro, di cui son fatte ?

1.16.1.2.1.             Anche in tal caso, se grondino ancora il sangue di disgraziati uccisi e derubati od il sudore di minatori, tutto questo non fà la minima differenza.

1.16.1.2.2.             Infatti, la necessarietà delle materie prime è universalmente risaputa; ma ovviamente non la ignorano neanche i proprietari dei luoghi dove esse possono essere reperite o prodotte:

1.16.1.2.3.             Così se anche i costi di produzione sono estremamente diversi, per legge di concorrenza il prezzo converge sempre sullo stesso ordine di grandezza.

1.16.1.3.   Se, per esempio, si deve fare una nuova strada, subito il proprietario della cava più vicina, nel formulare la sua offerta, non tiene certo conto del suo effettivo costo di trasporto, bensì di quello dal successivo possibile luogo di estrazione;

1.16.1.3.1.             qualcosa meno, addizionato al costo del materiale, ed il prezzo è bello che fatto (possiamo, in prima approssimazione, ritenere uguale per tutti il costo d’estrazione del materiale franco cava).

1.16.1.3.2.             E questo risulterà certamente preferibile, semplicemente perché la concorrenza non sarà in grado di formulare un’offerta minore, venendo tagliata fuori dalla maggiore lontananza,

1.16.1.3.3.             mentre il nostro proprietario dalla propria vicinanza è posto in condizione d’ottenere un sovrapprezzo 'tattico',

1.16.1.3.4.             poichè o si beve ‘sta minestra o si rinunzia alla costruzione della strada, essendo i surrogati della pietra - come lastricato di legno, makadam[3], ghiaia, asfalto, ferrovia ecc.ra - tutti ancora più costosi.

1.16.1.3.5.             (Alla fin fine quindi, nel nostro caso, l’utilità che la cittadinanza si aspetta dalla costruzione della nuova strada, rappresenta l’unico vero e reale limite agli appetiti del nostro venale proprietario.)

1.16.1.4.   E quello che nel succitato esempio è accaduto con il pietrame, avviene, in modo del tutto analogo, anche con tutte le altre materie prime.

1.16.1.4.1.             Se un imprenditore ha bisogno di inerti per un cementificio, argilla per una fabbrica di laterizi, tannino per la conceria, carbone, minerali di ferro, legno, acqua, pietre da costruzione, calcare, sabbia, petrolio, acqua minerale,

1.16.1.4.2.             fino all’aria per i suoi mulino a vento od il sole per i suoi sanatori, all’ombra per la sua casa estiva, al caldo per le sue viti, od al freddo per la sua pista di pattinaggio su ghiaccio,

 

1.16.1.4.3.             certamente la propria condizione di necessità lo sottometterà a pagare uno scotto ai proprietari - ancorchè privilegiati, magari fino ad una per loro completa gratuità di quei doni di natura –

1.16.1.4.4.             ma che non ne faranno altrettanto beneficiare il prossimo, anzi invece migliorando solo marginalmente il prezzo della concorrenza, nè più nè meno come il proprietario della cava suddetta.

1.16.1.5.   Ed a meno che alternative non intervengano a ridimensionare l’empirica e non scritta legge del massimo profitto e gli insani appetiti di questo martuffo,

1.16.1.5.1.             egli sempre ed ovunque spremerà praticamente tutti i vantaggi offertigli dalla natura,

1.16.1.5.2.             e per l’acquirente sarà sempre come doversi procurare, queste benedette materie prime, nelle lontananze più scomode e sperdute, nonché ai massimi costi di produzione.

1.16.1.6.   Da queste considerazioni è possibile estrarre un teorema empirico ma non meno importante della legge generale dei salari:

1.16.1.6.1.             Il costo di qualunque materia prima è determinato sommando al costo d’estrazione del più avaro territorio produttore

1.16.1.6.2.             le spese di trasporto dal più distante dei luoghi d’estrazione (anche se magari così lontano da neanche avere un padrone)

1.16.1.6.3.             perché ciò che potrebbe essere risparmiato, rivolgendosi ai luoghi di ritrovamento privilegiati dalla natura, va infatti a costituire rendita.

1.16.1.7.   Insomma, anche per qualunque materia prima, accade esattamente la stessa cosa degli altri fabbisogni vitali:

1.16.1.7.1.             al consumatore – che lo stato di necessità rende debole ed indifeso – verrà sempre tolto il MASSIMO,

1.16.1.7.2.             costringendolo cioè a pagare come se ciò che gli sia necessario sia stato prodotto sul più avaro dei suoli e nel posto comportante le massime spese aggiuntive e di trasporto.

1.16.1.8.   Così il lavoratore-consumatore - cui tutta la trattativa sindacale per una diversa e definitiva formulazione dell’eterna 'Legge del minimo indispensabile’non è ancora riuscita sostanzialmente proficua - è tuttora sottoposto all’odiosa sperequazione,

1.16.1.8.1.             di vedersi, come consumatore, sottratto il massimo, mentre, come produttore, gli si attribuisce un minimo ! …..(e siamo tuttora ben lontani dal conseguimento di rapporti più equi….

1.16.1.8.2.             ho già più volte osservato quanto sia incredibile che, al Potere, una qualche favorevole revisione dei salari tuttora non attraversi neanche l’anticamera del cervello!!![4])

 

1.16.2.        LA RENDITA IMMOBILIARE[5]

 

1.16.2.1.   Come vedremo, anche se sorta da ben altre circostanze, la rendita delle unità immobiliari si forma seguendo esattamente la stessa 'legge delle condizioni di necessità',

1.16.2.1.1.             ed il suo livello, nei paesi industrializzati dell’era moderna, ha paradossalmente raggiunto (e talvolta superata) la rendita agraria.

1.16.2.1.2.             Così, per esempio, dalle unità immobiliari della sola Berlino, che nell’anno 1901 erano stimate intorno ai 2911 milioni di dm. (vedi il nr. 12 del 1904 di 'Opinione popolare tedesca'), al 4%, avremmo una rendita immobiliare di 116 milioni;

1.16.2.1.3.             (e già questa somma, da sola, raffrontata ai 4 milioni di ettari della provincia brandenburghese, bilancerebbe una rendita agraria media di 30 dm./ha.)

1.16.2.1.4.             Ma se aggiungessimo le rendite immobiliari delle rimanenti cittadine, probabilmente uguaglieremmo una rendita agraria di 40 marchi per ettaro,

1.16.2.1.5.             che sicuramente tale provincia non raggiunge, con le rendite agrarie, tenuto conto della povertà del suolo e delle paludi non meno estese delle foreste.

1.16.2.1.6.             Certo la provincia del Brandeburgo[6], da una parte con la sua non fiorente agricoltura, e dall’altra con la presenza della capitale dell’impero, viene a trovarsi in una posizione particolare ed equivoca;

1.16.2.1.7.             ma questi numeri già di per sè indicano l’importanza ormai assunta dalla rendita immobiliare.

1.16.2.1.8.             Queste cifre certamente sorprenderanno più di qualcuno, e, come altri hanno giustamente osservato, lo stesso raffronto, ma fatto in Slesia[7] fornirebbe dati ben diversi.

1.16.2.2.   Comunque, prescindendo dall’esattezza delle cifre e ragionando solo sulla tendenza, come si può spiegare questo - se non addirittura già predominio - sicuramente notevole importanza della rendita immobiliare;

1.16.2.2.1.             e come metterla in relazione con la legge generale della condizione di necessità?

1.16.2.3.   Preliminarmente però è da rispondersi alla domanda del perchè gli uomini preferiscano ammucchiarsi nelle città, malgrado questi maggiori costi abitativi, invece che distribuirsi nelle campagne circostanti.

1.16.2.3.1.             Dai dati suesposti, a Berlino si può calcolare in 58 marchi/anno a testa l’incidenza del costo abitativo, e quindi, per una famiglia, mediamente di 5 persone, 290 marchi/anno,

1.16.2.3.2.             costo che invece, in campagna, sicuramente includerebbe anche la rendita agraria di quel terreno circostante che poi, solo con un po’di concimi e lavoro, coi suoi prodotti ripagherebbe lautamente la famiglia.

1.16.2.3.3.             Quindi, anche prescindendo dai numerosi vantaggi, per la salute, della vita campagnola, dalle veramente penose modalità esistenziali in città, e dai maggiori costi, devono esserci fondate ragioni per prediligerla.

1.16.2.4.   In realtà, ammesso e non concesso che i 'vantaggi sociali’della città compensino i suoi svantaggi (tipo l’aria viziata, smog, e quell’inquinamento acustico e ambientale che offende i nostri sensi),

1.16.2.4.1.             poi quelli restanti, prettamente economici, realmente giustificherebbero i maggiori costi di una famiglia berlinese:

1.16.2.4.2.             evidentemente la vicinanza degli insediamenti industriali - rispetto ad una singola posizione, decentrata e sperduta nel territorio, deve offrire compensazioni equivalenti a 116 milioni di rendita,

1.16.2.4.3.             perché se così non fosse, sarebbe incomprensibile lo sviluppo assunto dalle città.

1.16.2.4.4.             Ad esempio, in campagna non si può sviluppare nessuna iniziativa a carattere stagionale - che cioè oggi occupi molti operai e domani pochi o nessuno - perché gli operai devono campare tutto l’anno [8],

1.16.2.4.5.             mentre nella città, il mutevole fabbisogno d’operai della singola azienda è meglio gestibile, perchè, quando un’azienda - a necessità temporanea - licenzia alcuni operai, ce ne può essere un’altra, in fase opposta,

1.16.2.4.6.             che invece li recluta, così offrendo alla classe operaia maggiore sicurezza contro la disoccupazione.

1.16.2.5.   Inoltre, in campagna vengono a mancare all’imprenditore sia il confronto con altri imprenditori, che la relativa stimolazione:

1.16.2.5.1.             e chiunque, anche se di per sè capace, sia costretto a fare a meno del rapporto imterpersonale (magari anche con componenti d’aziende diverse od addirittura straniere), ben difficilmente può progredire, al massimo perseverando nella maestria ereditata.

1.16.2.6.   E lo stesso vale per la classe operaia: rispetto al bracciantato, perfino il manovale - avendo avuto modo di esercitare svariate pratiche, può dall’una trarre ispirazioni e suggerimenti pro altra,

1.16.2.6.1.             offrendo, all’imprenditore di città, una maggiore duttilità, determinante ai fini della concorrenza, a cui per di più vengono spesso mancare le opportunità di vendita - invece massicciamente offerte all’altro,

1.16.2.6.2.             dato che in città confluiscono compratori, da tutte le parti dell’impero (se non addirittura del mondo), attratti dal poter trovare, tutto ciò che gli serve, nello stesso posto ristretto.

1.16.2.6.3.             Inoltre, avendo tutti questi contatti, il cittadino può esser meglio aggiornato ed avere informazioni preziose sia sui desideri del consumatore, sia sulla situazione dei mercati e sui prezzi,

1.16.2.6.4.             tutte cose che invece mancano al concorrente campagnolo, che dovrà lui stesso andarsi a trovare i clienti, sacrificando tempo e denaro,

1.16.2.6.5.             ma che in queste trasferte – anche se molto spesso inconcludenti - potrà anche ottenere tutte le informazioni sui prezzi delle materie prime, sulle situazioni di mercato, sull’esportazione, sulla solvenza della clientela ecc.ra.

1.16.2.7.   Senza contare la diversa consistenza delle scorte, dato che costui – a cui anche solo la mancanza d’una vite fa fermare tutta la fabbrica - deve tenerne in magazzino una quantità significativa, mentre il concorrente cittadino può rapidamente procurarsi il suo fabbisogno.

1.16.2.7.1.             Ed anche se si ferma una macchina, in città è ben diverso il tempo tecnico d’intervento.

1.16.2.8.   Per farla breve dall’isolamento provengono alle fabbriche così tanti inconvenienti, che l’imprenditore di campagna, pur pagando salari minori dell’altro cittadino, finisce col perdere in incasso tutto il vantaggio economico dei minori costi salariali ed immobiliari.

1.16.2.8.1.             E così ci siamo spiegati perché s’insediano in campagna solo quelle pochissime industrie, o che hanno un elevatissimo bisogno di spazio, così da pareggiare, col risparmio immobiliare, gli svantaggi summenzionati,

1.16.2.8.2.             o quelle che, per la loro natura, non potrebbero ugualmente impiantarsi in città (tipo segherie, fabbriche di laterizi, laminatoi),

1.16.2.8.3.             o quelle vietate dall’Ufficio d’Igiene per la loro pericolosità ambientale (calcifici, fabbriche di polvere da sparo, concerie ecc.ra),

1.16.2.8.4.             o la cui attività è così semplice da non richiedere la presenza del proprietario, che se ne resta in città nell’Ufficio Commerciale; in ogni altro caso la collocazione in città prevale nettamente.

1.16.2.9.   Questi vantaggi economici gestionali, in città sono tutti inghiottiti dalla rendita immobiliare: ora quindi sappiamo sia da dove, a Berlino, saltan fuori i 116 milioni di rendita immobiliare, sia cosa fermerà lo sviluppo delle città,

1.16.2.9.1.             la cui crescita, aumentandone i vantaggi economici, farà parallellamente aumentare anche le pretese degli immobiliaristi, fino però al punto d’interomperne la crescita.

1.16.2.10.              Perciò, se tu, per il tuo lavoro necessiti dei vantaggi, offerti dalla città, dovrai poi integralmente rassegnarti a esser strangolato dai signori del territorio;

1.16.2.10.1.          alternativamente puoi fare l’eremita erigendo la tua officina, il tuo negozio, il tuo locale da ballo, allo sprofondo, in campagna, magari nel bosco,

1.16.2.10.2.          dato che nessuno - se non te stesso - t’impedirà di sistemarti fuoriporta, e sei solo tu a sapere se, per i tuoi begli occhi, la tua clientela si farà carico della lunga strada, neve, pioggia, polvere e fango, per poi pagarti lo stesso prezzo cittadino,

1.16.2.10.3.          buon per te se ciò avviene perché - se fuoriporta dovrai optare per prezzi più bassi - dove sarà andato a finire il tuo vantaggio di risparmiare sul valore locativo?

1.16.2.10.4.          ……prima fai i conti di cosa ti conviene e poi decidi, perchè se invece escludi ciò, allora paga la rendita immobiliare e taci!

1.16.2.10.5.          Quindi sempre la stessa legge del Menga[9], nè più nè meno come nel caso della rendita agraria e delle materie prime:

1.16.2.10.6.          tutti i vantaggi della città e dell’urbanizzazione-socializzazione (tra cui primo è da ricordare la divisione del lavoro), finiscon nelle tasche dei proprietari immobiliari.

1.16.2.10.7.          E come il frumento tedesco finisce venduto agli stessi prezzi di quello cresciuto nella lontana Siberia e che, oltre al trasporto, al confine, ha dovuto pure pagare il dazio,

1.16.2.10.8.          così i beni di consumo prodotti in città dovranno essere scambiati allo stesso prezzo di quello del peggior produttore che - per di più - abbia addizionato su di sè tutti gli svantaggi, accumulabili sulla terra!

1.16.2.11.              Se la rendita agraria si attribuisce tutti i vantaggi di posizione e di natura, praticamente lasciando al coltivatore solo deserto e terreno incolto;

1.16.2.11.1.          altrettanto la rendita immobiliare inghiotte tutti i vantaggi della socializzazione, dellasicurezza proveniente dallo stare a contatto di gomiti, della qualità della vita, dello Stato di diritto,

1.16.2.11.2.          praticamente riducendo la capacità produttiva dell’industria e del commercio urbani al livello di quelli esercitabili allo sprofondo!



[1] N.d.t.: 'Lohngesetz’in realtà sarebbe 'legge dei salari', ma poichè questa è sottoposta anch’essa alla 'Legge della condizione di necessità', la dipendenza effettiva finisce coll’essere da questa (come, del resto, si vede nel seguito, dove non si parla più di salari ma di condizioni di necessità. Senza questa correzione il lettore sarebbe potuto rimanere frastornato.

[2] N.d.t.: in tedesco 'Pommern', sarebbe la costa a sud del mar Baltico, dopo la Seconda guerra mondiale praticamente quasi tutta polacca, tranne piccoli tratti rimasti nel Land del Brandeburgo.

[3] N.d.t.: è un po’impropria la doppia chiamata 'makadam’ed 'asfalto', perchè il makadam è appunto un conglomerato bituminoso con granulometria di breccia grossa, mentre lo strato stradale superficiale, cioè il cosiddetto 'tappetino’ha granulometria 3-5 mm.

[4] N.d.t.: G. giustamente s’indigna per questa sperequazione antioperaia nella Germania guglielmina; ma non meno s’indignerebbe oggi, nell’odierna Italia dell’art. 18, trovando applicata una specie di 'Legge dell’eterno minimo’alla 'norma’('norma', termine bolscevico = produzione minima giornaliera che il lavoratore deve produrre per non subire punizioni), mentre il compenso dell’operaio non ha assolutamente più nessun rapporto nè con la quantità nè con la qualità da lui prodotta, facendo franare la concorrenzialità dell’Italia verso quella dei paesi africani (lasciamo perdere le micidiali Finlandia e Danimarca, ma le attendibili statistiche americane mantengono entro le prime venti posizioni anche Francia, Germania, Inghilterra, Giappone, Canada, Australia ed USA, con l’Italia invece al 56° posto, ormai sempre più, appunto, tra i paesi africani !!!). In artiglieria - come del resto nella fisica sperimentale quando non si riesce a risolvere un’equazione (e ciò avviene più spesso di quanto si creda) - si arriva sull’obbiettivo per approssimazione successiva (colà chiamato fare forcella); ma i sindacati - dopo esser riusciti ad ottenere il tiro sbagliato per eccesso, ora impediscono qualunque sua successiva correzione........gran bel modo di fare forcella!!!

[5] N.d.t.: di nuovo terribilmente equivoco, il testo tedesco, che chiama 'Grundrente’indifferentemente la 'rendita agraria', quella delle 'aree edificabili’e quella delle 'unità immobiliari’(cioè appartamenti, negozi, uffici, ecc.ra); quindi di nuovo in affanno le traduzioni inglese e spagnola; integrando e traducendo molto liberamente, interpreto quello che G., secondo me, voleva dire, ma che certo non ha formulato in modo chiaro. Dato che successivamente (comma 1.16.2.1.2.) G. lo utilizza per calcolare il costo abitativo, ho riferito la cifra di 2911 milioni di dm. alle unità immobiliari e non solamente alle aree edificabili, confortato in ciò anche dalla traduzione di G.figlio.

[6] N.d.t.: territorio corrispondente al nord-est della Germania ed includente Berlino e Potsdam

[7] N.d.t: nome 'storico’di regione europea, nordica già tedesca (Schlesien) ma ora (soprattutto dopo la seconda guerra mondiale) essenzialmente polacca, corrispondente alle città di Varsavia, Danzica, Cracovia, Poznan, tranne residui aggregati al Land Brandeburgo.

[8] N.d.t.: quest’osservazione è largamente (ma non totalmente) erronea perchè è propio in una situazione che ancora non ignori l’agricoltura, che un’azienda stagionale può trovare la migliore collocazione: sia perchè la stagione buona per l'industria potrebbe essere in opposizione di fase (cioè invernale, dato che l’agricoltura è prettamente estiva); sia perchè nei periodi morti, la classe operaia potrebbe sopravvivere semplicemente tornando all’agricoltura.

[9] N.d.t.: Secondo mio padre si sarebbe trattato di un’asiatica ‘divinità del caso’(per cui dire ‘legge del Menga’sarebbe equivalso a parlare della ‘legge dei grandi numeri’; ma poi la goliardia se ne impadronì con ben altro significato, del tutto opposto alla ‘legge del Volga’, e che è anche quello a cui qui si fa riferimento.