1.17. Conseguenze di simile legge-truffa e sintetizzazione empirica di una legge distributiva generale[1].

 

SINTESI: Non necessaria, argomento unico

 

1.17.1.       Attualmente, ciò che resta, della produzione, dopo il prelievo della rendita e degli interessi di capitale, forma il reddito da lavoro, da dividersi tra tutta la categoria (braccianti giornalieri, ecclesiastici, farmacisti, servi, re, artigiani, artisti ecc.ra).

1.17.1.1.   Tra queste singole categorie professionali la distribuzione avviene parte proporzionalmente alla produttività personale, parte attraverso la legge della domanda ed offerta,

1.17.1.2.   introdotta perchè altrimenti ognuno avrebbe preteso la fetta più grande, mentre così l’assegnazione viene decisa dalla di lei imparzialità e, in definitiva, dalla professionalità,

1.17.1.3.   (attualmente ancora iniqua - perché talmente pesantemente condizionata dal capitale che è ben difficile trovare un professionista d’estrazione proletaria - ma nel futuro potrebbe anche non esser più così.)

1.17.2.       Dunque la forma distributiva meritocratica sarebbe equa e condivisibile, dato che per ogni individuo il reddito viene contemporaneamente a dipendere parte dalla professione (origine qualitativa),

1.17.2.1.   ma poi in modo determinante dalla produzione effettuata (origine quantitativa):

1.17.2.2.   ed, economicamente parlando, è giusto e meglio che sia così, che maggiore sia il proprio apporto alla Società, maggiore debba essere la propria quota di reddito.

1.17.2.3.   E in questa divisione effettivamente ad ognuno toccherebbe il giusto, o almeno la quasi totalità del giusto, beninteso se attualmente non si verificasse il preventivo spolpamento da profitti di capitale.

1.17.3.       A conclusione della nostra ricerca, possiamo ora schematizzare per settori l’attuale apporto al PIL:

1.17.3.1.   l’apporto dell’agricoltura è dato dal valore del raccolto, cioè come se fosse stato ottenuto nelle condizioni più difficili, tipo le lontane terre libere siberiane o canadesi,

1.17.3.2.   (ovviamente in tal caso depurato da spese di trasporti, interessi e dazio, che non rientrano in questa categoria, ma in quella ‘servizi’).

1.17.3.3.   l’apporto dei produttori di materia prima è uguale al suo valore di mercato, cioè come se fosse stata, al solito, estratta dalla peggiore e più avara e difficile fonte,

1.17.3.4.   o nel più lontano dei siti senza padrone, sempre ovviamente tolte spese di trasporto, dazi ed interessi.

1.17.3.5.   l’apporto, sia dell’industria che dei servizi, è il loro valore di mercato, cioè come se la produzione fosse avvenuta nel modo più penoso possibile,

1.17.3.6.   costantemente allo sprofondo e assolutamente senza nessuno dei vantaggi offerti da una società civile e capitalizzata.

1.17.4.       Ma - immaginando di tirar poi la somma di tutti questi valori, e di spartirli meritocraticamente, ognuno oggi si ritrova solo una parte minoritaria del reddito da lui prodotto,

1.17.4.1.   perché la parte maggiore va a costituire il monte rendita e profitti di capitale; al giorno d’oggi matematicamente si ha: monte compensi di lavoro = prodotto interno lordo - (monte rendita agraria + monte profitti di capitale). [2]

1.17.5.       Data questa indiscutibile formula, che può allora fare la classe lavoratrice (sempre intesa nel suo significato più estensivo) per aumentare il monte-salari, conseguendo condizioni esistenziali migliori e non vanificabili con un aumento dei prezzi?

1.17.5.1.   In attesa che sorga il sole – che attribuirà ai reali aventi diritto l’intiero prodotto del loro lavoro, senza più nessuna pre- amputazione da parte di rendita o di profitti di capitale –

1.17.5.2.   una prima possibilità, caldeggiata sia dal governo che dai capitalisti e conservatori, è facilmente fornita dall’analisi matematica: riuscire a produrre di più, contemporaneamente riuscendo a mantenere invariati profitti e rendite.

1.17.6.       Ma, anche se non sempre nuoce al popolo ciò che piace a costoro, una soluzione più radicale e definitiva – cioè annientante sia il monte rendita agraria che quello profitti di capitale - la faranno intravedere le successive teorizzazioni di liberterra ed ice-money[3].



[1] N.d.t: 'Erster allgemeiner Umriß des Lohngesetzes’= 'abbozzo preliminare di una legge generale dei salari.'

[2] N.d.t.: il tedesco segue ‘Was können nun die Arbeiter (immer im weitesten Sinne zu verstehen) tun, um den Lohnschatz zu vergrößern, um eine wirkliche Lohnerhöhung, eine Lohnerhöhung auf der ganzen Linie, die auch nicht durch Preiserhöhungen zunichte gemacht werden kann, zu erreichen?

Die Antwort ist leicht zu geben. Sie sollen ihren Lohnschatz besser als bisher abdichten, besser vor Schmarotzern schützen. Die Arbeiter sollen ihren Lohnschatz verteidigen, wie die Bienen und Hamster den ihrigen verteidigen.’= 'che potrebbe allora fare la classe lavoratrice (sempre intesa nel suo significato più estensivo) per aumentare il monte-salari, conseguendo un incremento salariale effettivo e non volatilizzabile con aumenti di prezzi? Ed è facile rispondere: essa dovrebbe difendere il suo sofferto tesoro, dai profittatori, molto meglio di quanto non fatto sinora, e come effettivamente fanno le api e gli scoiattoli.’ ma mi è sembrato troppo debole ed ho preferito rafforzarlo riportandomi alla matematica.

[3] N.d.t.: se la precedente 'contraction’'liberterra’è traduzione letterale del tedesco 'Freiland', 'moneta di ghiaccio’(od il suo equivalente inglese 'icemoney', che useremo nel seguito) non è per niente la traduzione di 'Freigeld’= letteralmente a 'moneta libera'; G. doveva già aver attuato uno scorciamento, perchè il nome originariamente balenatogli probabilmente era 'Zinsfreigeld’= 'moneta libera da interessi (profitti di capitale)'. Tuttavia nessuno di questi due nomi - a differenza di quello 'icemoney’- trasferisce immediatamente l’ESSENZIALE CONCETTO di una moneta deperibile, che si squaglia: ed abbiamo visto nella prefazione che non l’ho inventato io ma il grande socialista Giacomo Matteotti.