2.3. Liberterra nella vita reale.

 

SINTESI: 2.3.1.i.: Considerazioni di carattere generale; 2.3.2.i.: locazioni agrarie: problemi che si verificavano frequentemente prima della riforma e come superarli; 2.3.3.i.: Occorre servirsi delle aste pubbliche ma anche loro problematiche e come superarle; 2.3.4.i.: Situazione dell’industria mineraria; 2.3.5.i: Situazione dell’energia idraulica; 2.3.6.i. Situazione delle unità immobiliari urbane.

 

2.3.1. CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE [1]

 

2.3.1.1.      Dopo la primitiva operazione di riaccorpamento, a mezzo dell’esproprio generalizzato, il suolo verrà rilottizzato seguendo le singole esigenze agricole, urbanistiche, industriali, familiari;

2.3.1.1.1. ed i lotti ricavati offerte in pubblica asta al migliore offerente, per 1 - 5 - 10 anni, o anche vita natural durante.

2.3.1.1.2. Ma nel far ciò al concessionario si dovranno offrire alcune garanzie di carattere generale, sia per economicamente rassicurarlo - che non sarà mai strangolato dal canone – sia per in tal modo indirettamente ottenere una massificazione dei canoni.

2.3.1.2.      Ciò potrà essere ottenuto assicurandogli – attraverso il controllo della circolazione monetaria - garanzie per i prezzi dei suoi prodotti e successivamente mantenendoli stabili;

2.3.1.2.1. nonché, in caso di un aumento generale dei salari, riducendo proporzionalmente il canone.[2]

2.3.1.2.2. In breve, occorrerà dare la consapevolezza che – per assicurarsi, da quel momento in poi, un’agricoltura fiorente - non s’intende minimamente tormentare i contadini, ma anzi assicurare loro un buon tenore di vita,

2.3.1.2.3. facendo tutto il necessario per equamente e durevolmente bilanciare il canone di concessione ai profitti, realmente realizzabili anche in condizioni avverse.

2.3.1.3.      [3]Ma ciò sarà praticamente l’unica – anche se sostanziale – discordanza con le modalità di conduzione agricola attuale, perché anche dopo la statalizzazione del suolo, potrà essere fatto ben poco di sostanzialmente diverso,

2.3.1.3.1. di fatto non potendosi che lottizzare il suolo nazionale in poderi da concedere, esattamente quello che avviene anche attualmente nei territori dell’Impero:

2.3.1.3.2. l’unica vera e sostanziale differenza sarà quindi quella di offrire ai coltivatori - al posto di numerosissimi proprietari, grandi e piccoli, ma costantemente disincentivanti – una Società uniproprietaria benevola ed incentivante;

2.3.1.3.3. una standardizzazione verso il meglio, insomma, perchè, per tutto il resto, sarà quello che è.

 

2.3.2.             LOCAZIONI AGRARIE: PROBLEMI CHE SI VERIFICAVANO FREQUENTEMENTE PRIMA DELLA RIFORMA E COME SUPERARLI

 

2.3.2.1.      Si è, da sempre, obbiettato contro qualunque forma di contratto a tempo determinato che, negli ultimi tempi, l’assegnatario, non avendo più interesse a proteggere la produttività del suolo, lo sfrutta sino a riconsegnarlo esausto;

2.3.2.1.1. attribuendosi, con questo eccessivo sfruttamento, ogni possibile vantaggio, senza minimamente preoccuparsi per l’uso da buon padre di famiglia, come invece fà il coltivatore proprietario.

2.3.2.1.2. Questa è indubbiamente l’unica fondata obbiezione a favore di quest’ultimo, perchè, sotto tutti gli altri aspetti, fra un coltivatore affittuario ed uno proprietario, le necessità esistenziali non consentono nessun’altra differenza:

2.3.2.1.3. entrambi infatti perseguono lo stesso scopo, quello cioè di conseguire, con la minor fatica, i maggiori profitti possibili.

2.3.2.2.      Che l’eccessivo sfruttamento del suolo in affitto sia la regola e non certo l’eccezione, lo possiamo vedere in America su liberterra2, dove il cerealicultore lo sfrutta proprio fino all’esaurimento.

2.3.2.2.1. (Tuttavia, con questa tecnica, la maggioranza dei cerealicoltori persegue lo scopo di approfittare del possesso per deprezzare il suolo, onde poi poterlo acquistare meno onerosamente.)

2.3.2.3.      Invece, tra le concessioni, si può indicare come un autentico modello da imitare l’amministrazione dei beni demaniali prussiani, in cui questi inconvenienti sono stati minimizzati, con i seguenti accorgimenti:

2.3.2.3.1. concedendo all’inquilino la speranza della successiva concessione vita natural durante;

2.3.2.3.2. con disposizioni contrattuali che vietino l’eccessivo sfruttamento (vedremo tra poco tali formule).

2.3.2.3.3. Perché la colpa dell’instaurarsi di quella giustamente lamentata consuetudine, è tutta e solo della proprietà privata - come è del resto evidente dai casi succitati - la provoca con la mania dei contratti brevi,

2.3.2.3.4. aventi lo scopo non tanto di addirittura stimolare la valorizzazione dei suoli svantaggiati, eventualmente inclusi nell’azienda,

2.3.2.3.5. quanto di assicurarsi al più presto un aumento del canone o di non perdere qualche favorevole possibilità di vendita.

2.3.2.3.6. Per la proprietà, infatti, sarebbe stato sempre estremamente facile prevenire l’eccessivo sfruttamento, inserendo nel contratto l’obbligo di non vendere nè stallatico, nè foraggi, nè paglia, ma anzi di governare, in azienda, tutto il bestiame possibile;

2.3.2.3.7. dato che, in questo modo, il suolo è automaticamente tutelato da un eccessivo sfruttamento.

2.3.2.4.      Sicuramente poi non si dovrà più da temere tale inconveniente, consentendo contrattualmente al concessionario, a sua scelta, o la possibilità di una successiva concessione vita natural durante, od un diritto di prelazione alla sua vedova e/o figli,

2.3.2.4.1. dato che un simile comportamento non offrirebbe più alcun vantaggio a quel contadino, che abbia la sicurezza della continuità del rapporto locativo (tranne il solo caso di un canone così alto da costringerlo a privarsene).

2.3.2.4.2. Sarà comunque buona norma – soprattutto per quei suoli che, non prestandosi all’allevamento, son finalizzabili per la coltura dei cereali - obbligare il concessionario a ricostituire, con concimazione chimica del suolo, la capacità nutritiva sottrattagli.

2.3.2.4.3.  Dall’epoca della scoperta dei fertilizzanti artificiali, l’eccessivo sfruttamento non ha, infatti, più quelle penose conseguenze di quando, per ripristinare la fertilità, si conosceva solo la 'non coltivazione’ (maggese):

2.3.2.4.4. se prima si rendeva necessaria magari lasciarli incolti per un’intera generazione, oggi, coi fertilizzanti chimici basta, invece, solo distribuirli prima di riarare.

2.3.2.5.      A chi ancora opponesse – alla statalizzazione del suolo - i drammatici risultato delle concessioni locative in Irlanda, si dovrà far presente la nuova natura dei rapporti in fieri dopo la riforma:

2.3.2.5.1. con essi, infatti, la rendita agraria non prende più la strada delle tasche private, ma dell’erario, che la riutilizzerà a vantaggio della classe operaia in mille forme diverse (diminuzione delle tasse, protezione della maternità, delle vedove ecc.ra.);

2.3.2.5.2. …..e quale diversa Irlanda sarebbe oggi visibile se i dominatori inglesi - invece di sprecare in imperialismo, e per la bellezza di tre secoli, tutto il denaro risucchiato coi canoni – anno dopo anno, ve lo avessero rispeso, sotto forma di servizi, per gli Irlandesi!

2.3.2.6.      Solo altrettanto erroneamente potrebbero esser citati anche i demoralizzanti esempi dei russi 'Mir’e degli 'esperimenti di Comune’tedeschi;

2.3.2.6.1. Nel primo caso, era statutario cambiare l’assegnazione non appena morti e nascite avessero sostanzialmente alterato il numero dei costituenti della Comune,

2.3.2.6.2. talchè ben raramente detta assegnazione superò il paio d’anni, così negando al contadino il tempo per migliorare il podere, e soprattutto facendogli passare la voglia di farlo,

2.3.2.6.3. perché non sarebbe tanto andato a vantaggio suo, quanto del collettivo, anzi così incitando al supersfruttamento con abbandono finale, e conseguentemente all’impoverimento sia del suolo che del popolo.

2.3.2.6.4. Così – orribile guazzabuglio di agricoltura sia un po’privata che un po’collettiva – il 'Mir’russo e la Comune tedesca, finirono coll’accumulare gli svantaggi sia dell’arabo che dell’ebreo, ma nessuna delle loro buone qualità.

2.3.2.6.5. ci si spoglia, in un batter d’occhio, dell’atavica e secolare mentalità privatistica: se i contadini russi avessero incominciato la coltivazione comunitaria del suolo provenendo dall’esperienza dei Mennoniti,[4]

2.3.2.6.6. l’assuefazione, alla ricerca del proprio utile in quello collettivo, avrebbe portato a sviluppare un 'collettivismo del buon padre di famiglia', che sa di dover lavorare, non solo per sè ma anche per i suoi cari;

2.3.2.6.7. mentre, rifiutando istintualmente tutto ciò (cioè la comunione dei beni), si è conseguenzialmente predisposti e programmati ad attuare solo l’agricoltura privatistica.

2.3.2.6.8. Niente di diverso si verificava anche nella maggior parte delle Comuni tedesche, il cui negativo andamento fu però quasi sempre attribuibile da una parte alla brevità del contratto d’affitto, che non lascia alternative all’ipersfruttamento[5];

2.3.2.6.9. ma, dall’altra al fatto che spesso un Consiglio Comunale intendeva deliberatamente mandare a scatafascio la gestione della sua proprietà immobiliare,

2.3.2.6.10.             per adivenirne alla privatizzazione, risultato, con simili mezzi, già spesso e più volte conseguito.

2.3.2.7.      Quando i cooperatori hanno simili intenzioni, tutta la successiva trascuratezza gestionale è quindi causata solo dalla speranza di costringere alla spartizione della proprietà comune,

2.3.2.7.1. di forzare cioè il ritorno alla proprietà privata a forza di pessimi risultati economici, situazione evitabile solo con statuti che perseguano aspramente qualunque proposta di spartizione della proprietà comune;

2.3.2.7.2. pertanto il contratto concessorio - cosa del resto facilmente realizzabile - dovrà esplicitamente fornire al concessionario la matematica sicurezza che ciò che investe, in denaro ed opere, in miglioramento del suolo, andrà a vantaggio suo, totalmente suo.

2.3.2.8.      Invece le più importanti e costose migliorie del suolo neanche al giorno d’oggi son condotti a cura e spese del singolo proprietario, che anzi generalmente li ostacola, magari anche solo per una questione di principio.

 

2.3.2.8.1. Infatti, come al giorno d’oggi, un solo proprietario agricolo potrebbe costruire una strada attraverso i campi non solo altrui, ma magari anche di un vicino dichiaratamente a lui ostile?

2.3.2.8.2. Come gli potrebbe esser possibile di costruire una ferrovia od un canale attraverso la proprietà di mille singoli proprietari?

2.3.2.8.3. ….se attualmente il principio della divisione e del rispetto della proprietà privata è talmente controproducente da render sempre necessaria un’espropriazione legale.

2.3.2.8.4. Gli argini contro l’inondazione d’un fiume, come anche il prosciugamento d’un suolo paludoso, non possono esser realizzati da un solo privato,

2.3.2.8.5. essendo opere di una dimensione che deve prescindere dalle pietre di confine, preocupandosi solo dell’impatto ambientale ed invece trascurando la composizione millesimale della proprietà.

2.3.2.8.6. In Svizzera, ad esempio, coll’idoneo convogliamento dell’Aare nel lago di Bieler,[6] son stati prosciugati ben 30.000 ettari di terra:

2.3.2.8.7. realizzazione tipicamente impossibile ad ogni singolo proprietario agricolo dato che questo lavoro ebbe addirittura dimensioni ultra-cantonali (ve ne parteciparono infatti ben quattro.)

2.3.2.8.8. Mentre, per le rettifiche del corso superiore del Reno, la dimensione fu addirittura ultra-nazionale, tanto che si dovette stipulare uno speciale accordo con l’Austria.

2.3.2.8.9. E come potrebbe un singolo proprietario privato preocuparsi d’irrigare con le acque del Nilo?

2.3.2.9.      Non appena ci si incominci a preoccupare della macro-geografia delle foreste e corsi d’acqua, da cui dipendono il clima, la percentuale d’umidità, la mobilità, il benessere di tutti,

2.3.2.9.1. ci si accorge subito dell’assurdità di aspettarsi dai privati – a cui tuttavia un erroneo rispetto del concetto di proprietà li rimetterebbe - la conservazione e tutela di elementi indispensabili e vitali per i popoli.

2.3.2.9.2. A tutela dei loro diritti fondiari e prevenire l’usucapione, in Scozia alcuni Lords hanno spopolato intiere province e bruciato i paesi insieme con le chiese, trasformando il territorio in riserva di caccia!

2.3.2.9.3. (Evento temibile, anche in Germania, dato che i latifondisti non hanno mai dimostrato la minima preoccupazione per i problemi alimentari del loro popolo, come prova la storia di quel dazio che fa aumentare il costo del pane!)

2.3.2.10.   Anche gli interessi della caccia, della pesca, della protezione della fauna, sono ugualmente incompatibili con l’istituzione della proprietà privata.

2.3.2.10.1.             E cosa sian riusciti a combinare i privati, nella lotta contro le calamità naturali, come ad esempio il maggiolino o le cavallette, lo abbiamo potuto vedere in Argentina,

2.3.2.10.2.             dove ogni proprietario si preoccupava solo di scacciarle dal suo podere verso quello del vicino, con la conseguenza, che gli animali aumentarono enormemente di numero e, per tre anni di seguito distrussero completamente i raccolti di frumento,

2.3.2.10.3.             mentre sparirono subito, non appena lo Stato, constatata la mancanza di coordinamento della maggior parte dei proprietari, provvide ad annientare le cavallette ovunque si posassero.

2.3.2.10.4.             Ed in Germania, con qualunque simile calamità, la questione non è che andrebbe molto meglio: che potrebbe fare, per esempio, un singolo viticultore di fronte ad un’invasione di filossera?

2.3.2.10.5.             Quindi, in tutti quei casi – forse addirittura maggioritari - in cui ci siano di mezzo interessi nazionali, come anche in quelli di miglioramento o tutela del territorio, s’impone un netto scavalcamento della proprietà privata del suolo e della sua determinante componente egoistica.

2.3.2.10.6.             E gli agrari si fecero addirittura fautori di questo principio – che non appena il problema avesse dimensioni tali da non poter essere risolto dal singolo, lo affrontasse coercitivamente lo Stato! –

2.3.2.10.7.             quando previdero ed affermarono il fallimento di tutta l’agricoltura tedesca, se non fosse stato introdotto il dazio (legalmente portato avanti come 'necessità dell’agricoltura’ma in realtà quale 'necessità dei proprietari agricoli')!!

2.3.2.11.   Con il diritto di successione, poi - escluso il solo caso del figlio unico - la proprietà privata del suolo, conduce inevitabilmente alla parcellizzazione del territorio[7],

2.3.2.11.1.             sfociante in gestioni minime, che, non potendosi consentire i miglioramenti tecnologici, portano povertà, ed immiserimento generale,

2.3.2.11.2.             dato che ben raramente un solo erede se la sente d’accollarsi la liquidazione economica di tutti gli altri;

2.3.2.11.2.1.        e poi, facendolo lo fà a debito, con tutte le negative conseguenze del caso, perchè l’ipoteca fondiaria sporfonderà quel valoroso in così tanti problemi finanziari, interessi, salari, spese di trasporto e dazi,

2.3.2.11.2.2.        che – essendo stati accantonati i vecchi e sani principi gestionali d’autonomia - al giorno d’oggi il termine 'agricoltura privata’è da considerarsi un caro estinto nonchè una contraction di agricoltura privata sovvenzionato dallo Stato!!

2.3.2.11.3.             Supponiamo che nuovamente, come conseguenza di una delle molte cavolate, tradizionalmente attuate in materia valutaria, i prezzi dei prodotti diminuissero fortemente, come già successe al tempo dell’introduzione della valuta aurea.

2.3.2.11.4.             Come potrebbero, gli indebitati piccoli coltivatori rimediare i soldi degli interessi delle loro ipoteche! E, in caso contrario, che fine farebbe la loro proprietà?

2.3.2.11.5.             Come potrebbero diversamente tutelarsi se non nuovamente influendo politicamente su quella legislazione che – quella volta contro di loro - consentì che forma di pagamento ed interessi dei loro debiti (ma non dei loro crediti!)fosssero fissati a discrezione[8]?

2.3.2.11.6.             E se il saggio d’interesse sale, come potrebbero salvarsi dal fatale colpo di martello del banditore ?

2.3.2.12.   [9]Fu quindi, per autoconservazione, che i piccoli coltivatori, incominciarono a far politica, dovendo influenzare la volontà legislativa,

2.3.2.12.1.             controllare il dazio, la valuta, l’aumento dei costi di trasporto, altrimenti erano spacciati ....... che sarebbe stato di loro senza il potere?

2.3.2.12.2.             Se il dominio dei suoi compagni di partito 'gialli’gli sia ancora più sgradevole di quello degli 'azzzurri', un proletario può ben facilmente imballare i suoi attrezzi ed emigrare con moglie e figli ed un fascio di pannolini;

2.3.2.12.3.             mentre un proprietario può fare ciò solo dopo esser riuscito a liberarsi di quella ferita sanguinante che è la sua proprietà.

2.3.2.12.4.             Quindi la proprietà agraria privata dovette ingerirsi nella politica, perchè ne veniva pesantemente a dipendere; si può dire che quella si sia poi incarnata in questa, diventando un tutt’uno,

2.3.2.12.5.             perchè senza politica non ci sarebbe stata più proprietà terriera privata, come senza proprietà terriera privata nessuna politica[10]!

2.3.2.13.   Ma ora, con la statalizzazione del suolo, quella fase sarà definitivamente esaurita e terminata, perchè l’agricoltura viene a perdere qualunque tentazione d’influenzare la vita politica.

2.3.2.13.1.             Infatti, come già oggi l’affittuario ha il solo problema del canone, senza esser coinvolto direttamente da valuta, dazi, salari, interessi, costi di trasporto, calamità naturali, costruzione di canali ecc.ra,

2.3.2.13.2.             in breve, da nessuna problematica - di quella alta politica, mai come ora caduta tanto in basso[11]!così, dopo la statalizzazione dei suoli, l’operatore agricolo potrà seguire con completo distacco l’andamento parlamentare,

2.3.2.13.3.             ben sapendo, che, con la rendita agraria ormai tutta dello Stato, non verrà più emessa nessuna disposizione settorialmente negativa, che alla resa dei conti, non potrebbe che ritorcerglisi contro.

2.3.2.13.4.             Se, ad esempio, dopo la riforma, per proteggere l’agricoltura, venisse reintrodotto od aumentato il dazio, in definitiva – come sempre avviene nei dazi protettivi –

2.3.2.13.5.             lo Stato, incasserebbe le briciole ma così potrebbe anche fare a meno d’aumentare i canoni, mentre nel frattempo l’operatore agrario s’arricchirebbe.

2.3.2.14.   Invece, dopo la statalizzazione del suolo, mantenendo i canoni incollati all’aumento medio del prodotto agricolo - e così dimostrando che l’operatore, anche su suolo molto fertile ed esteso, non potrebbe ottenere vantaggi solo per sé -

2.3.2.14.1.             si potrebbero utilizzare i maggiori incassi dei periodi di alta congiuntura agricola per - senza danneggiare nessuno – far mettere a coltura ogni duna, collina sedimentaria ecc.ra, stimolando persino la coltivazione in vaso sulla terrazza di casa.

2.3.2.14.2.             (Io anzi raccomando agli amici della patria, preocupati per il rifornimento dei viveri nel paese in caso di guerra, di non sottovalutare quest’occasione offerta dalla statalizzazione di suolo:

2.3.2.14.3.             perchè con un decimo di quel denaro - regalato ai redditieri grazie al dazio sui cereali - in Germania si sarebbe potuto mettere a profitto tutto il suolo attualmente palude, brughiera, ed incolto!)

2.3.2.15.   Quindi, dopo la riforma l’operatore agricolo sarà interessato al livello dei costi del trasporto - ferroviario, o di qualunque altro tipo – ed alle conseguenti decisioni in materia di canali e/o ferrovia ecc.ra, cioè alla politica vera e propia, né più né meno di qualunque altro cittadino,

2.3.2.15.1.             perchè tanto quegli eventuali vantaggi, che potesse concedere la mano sinistra, verrebbero subito ritolti dalla destra (con un aumento del canone), trasformando tutto in una partita di giro.

2.3.2.15.2.             In breve, la statizzazione dei terreni scioglierà il tradizionale, intrallazzo proprietàprivata-politica, rendendo il progresso ed il bene comune unici promotori della legislazione,

2.3.2.15.3.             come appunto dovrebbe essere: legislazione non come strumento di profitto e/o consenso, ma solo e soltanto, scienza applicata!

2.3.2.16.   Ci si obietterà, a questo punto, che i concessionari, non appena assicuratisi una concessione pluriennale o a vita, finiranno esattamente come i vecchi proprietari ad intrallazzare per un provvedimento statale asicurante il loro vantaggio personale invece del bene comune.

2.3.2.16.1.             L’obiezione non è infondata, perchè tale inconveniente effettivamente potrebbe verificarsi, ma, in ogni caso, sempre con molta meno stimolazione di prima:

2.3.2.16.2.             perché – mentre al giorno d’oggi, da un aumento dei valori agricoli si ottiene sia un incremento di reddito che di capitale (dato che il valore del suolo è ottenuto dalla capitalizzazione del reddito, e come è già evvenuto dopo l’introduzione del dazio!) –

2.3.2.16.3.             nel nostro caso la stimolazione proverrebbe solo dal primo componente e quindi avrebbe forma attenuata.

2.3.2.16.4.             In ogni caso si potrebbe poi ovviare anche a questa ultima forma d’interferenza sulla politica, introducendo nei contratti a vita, una rivalutazione saltuaria del canone, come è già accaduto con l’imposta fondiaria.

2.3.2.16.5.             (Con una simile pattuizione limitativa, cioè prevedente, sempre a mezzo pubblica asta, la rivalutazione del corrispettivo di concessione,

2.3.2.16.6.             tutti i vantaggi - eventualmente ottenuti in sede politica da un coltivatore-concessionario - gli verrebbero successivamente ritolti in sede amministrativa, dalla rivalutazione del canone -

ed egli quindi non avrebbe più interesse a manipolare l’economia con provvedimenti legislativi.)

2.3.2.17.   Contemperando tutte le suesposte osservazioni, dopo la statizzazione dei suoli, un bando di concessione potrebbe avere il seguente tenore:

 

Avviso:

2.3.2.17.1.             1l giorno di S. Martino[12] la conduzione dell’immobile, denominato "Fattoria dei Tigli", verrà bandito in pubblica asta, per l’assegnazione al maggior offerente.

2.3.2.17.2.             La sua superficie coltivabile corrisponde, grossomodo, alla capacità lavorativa di un uomo (uno jugero della 5^ categoria seminativa);

2.3.2.17.3.             Casa e stalla sono in normali condizioni d’uso e le condizioni igieniche salubri e naturali;

2.3.2.17.4.             La base d’asta (prezzo precedente) è 500 d.m./annui.

2.3.2.17.5.             CONDIZIONI contro concessionario: La concessione è subordinata al rispetto delle seguenti condizioni:

2.3.2.17.5.1.        Concessionario non potrà vendere stallatico, nè paglia nè foraggi, ma dovrà utilizzare questi ultimi per governare, sul posto, quanto più bestiame possibile.

2.3.2.17.5.2.        Si obbliga ogni concessionario, che coltivando cereali impoverisca il terreno di sostanze nutrienti, a ricondizionarlo con concimazione chimica, in ragione di non meno di 100 kg. di scorie Thomas (od altro trattamento equivalente) per tonnellata di raccolto.

2.3.2.17.5.3.        Si obbliga il concessionario ad usare l’azienda da 'buon padre di famiglia, riconsegnandola, anche per quanto riguarda la coltivabilità in condizioni non inferiori a quelle del momento della consegna.

2.3.2.17.5.4.        Il canone offerto dovrà essere pagato anticipato; in caso contrario si dovrà fornire una fidejussione.

2.3.2.17.6.             La Pubblica Amministrazione da parte sua s’impegna:

2.3.2.17.6.1.        A non rescindere la concessione, fintantoché il concessionario adempia ai suoi obblighi;

2.3.2.17.6.2.        In caso di sua morte, ad accordare alla di lui vedova e/o ai diretti discendenti un diritto di prelazione, sulla stessa unità, al precedente canone (salvo le sue revisioni periodiche),

2.3.2.17.6.2.1.    sino al termine del contratto in corso od in caso di successiva asta deserta; altrimenti con un abbattimento del 10% rispetto alla massima offerta ricevuta in sede di pubblica asta.

2.3.2.17.6.3.        ad insindacabile richiesta del concessionario, a risolvere il contratto in qualunque momento con quattro mesi di preavviso.

2.3.2.17.6.4.        a non aumentare i costi di trasporto dei cereali per tutta la durata del contratto di affitto.

2.3.2.17.6.5.        ad effettuare un dettagliato rilevamento e, in caso di salari crescenti, di ridurre (????) della stessa percentuale risultante il canone di concessione, mentre, in caso di diminuzione dei salari di aumentarlo, sempre c.s. (Per le concessioni a vita.)2

2.3.2.17.6.6.         a richiesta di concessionario, di apportare a propria cura e spese qualunque innovazione, necessaria od anche solo utile contro un aumento del canone pari agli interessi legali sopra il valore dell’investimento effettuato.

2.3.2.17.6.7.        d’assicurare il concessionario senza ulteriori pagamenti contro infortuni e malattia, contro grandine, inondazione, epidemie del bestiame, incendi, filossera ed altre calamità naturali.

2.3.3.: OCCORRE SERVIRSI DELLE ASTE PUBBLICHE MA ANCHE LORO PROBLEMATICHE E COME SUPERARLE.

 

2.3.3.1.      La questione, decisiva per provare la realizzabilità della statizzazione dei suoli, si riduce ora alla seguente:

2.3.3.1.1. con le suddette condizioni sarà quasi sempre possibile, in pubblica asta, trovare un concessionario? E, supponendo uno scarso o nessuno interesse, cosa ne conseguirebbe?[13]

2.3.3.1.2. Perché é un dato di fatto che molti aspiranti concessionari saranno certamente apprendisti coltivatori, volenterosi di dedicarsi all’agricoltura, od anche braccianti agricoli,

2.3.3.1.3. ma magari agricolmente così inesperti da non riuscire a valutare l’onerosità o meno del canone preteso:

2.3.3.1.4.  costoro desidereranno, allora, lasciar la prima parola all’esperienza, in base al ragionevole assioma che se quel consumato affarista offre dieci, allora sicuramente io posso offrire undici!;

2.3.3.1.5. così molti potrebbero rendersi concorrenti solo in seconda battuta, cioè al seguito di qualcuno, da tutti riconosciuto come particolarmente pratico.

2.3.3.2.      Avendo l’accortezza, dopo ogni asta deserta, di ridurre un po’il canone (rendendolo quindi sempre più inferiore alla capacità produttiva del suolo),

2.3.3.2.1. ed offrendo così ai concessionari utili sempre maggiori, prima o poi parteciperà sicuramente anche un operatore esperto, così avviando la competizione:

2.3.3.2.2. e, in tal caso, non è da escludere che il canone di concessione possa addirittura risalire sopra il prezzo iniziale ed anche superare quello delle aste precedentemente andate deserte.

2.3.3.3.      La transazione è sempre stata una funzione del prezzo: tutto si può vendere ed il rischio d’invenduto è praticamente nullo, finché ci sia la voglia di lavorare.

2.3.3.3.1. In ogni caso, poi, il ricavo della concessione di uno jugero non potrà mai decadere molto sotto il valore salariale medio del bracciante agricolo,

2.3.3.3.2. perchè - non appena ad un coltivatore sia assicurato, sotto ogni circostanza, il salario medio per il suo lavoro - da quella concessione egli viene inoltre ad ottenere il vantaggio dell’autonomia, e dell’indipendenza ed elasticità d’orario.

2.3.3.3.3. Tuttavia è da rimarcare, che dopo la statalizzazione di suolo, e per un transitorio anche piuttosto lungo, in ogni paesino sarà opportuno

2.3.3.3.4. - se non addirittura necessario - un pubblico tutor che, con la sua maggiore esperienza - sostenga ogni contadino nelle incombenze provenientigli da queste concessioni[14].

2.3.3.4.      Poi, in ogni parte del paese (comune, regione) si dovrà elaborare, anno per anno, un elenco illustrante tutte le fattorie, da battere all’asta, con tutte le notizie interessanti per un aspirante conduttore,

2.3.3.4.1. per quanto riguarda la loro composizione e contenuto, tipo e prezzi locali dei prodotti, caratteristiche degli edifici, canone di concessione precedente, distanza dalle scuole, caratteristiche atmosferiche, della caccia, presenza d’industrie di trasformazione ecc.ra.

2.3.3.4.2. In breve, poiché lo scopo della statalizzazione del suolo non è certo quello d’imbrogliare e tormentare i contadini, ci si deve preoccupare di spiegare all’affittuario non solo tutti i vantaggi,

2.3.3.4.3. ma anche su tutti gli svantaggi della fattoria (cosa quest’ultima che al giorno d’oggi non vien fatta mai da nessun proprietario, che enumera sempre e solo quanto gli fà comodo;

2.3.3.4.4. mentre sulle, spesso non subito rilevabili, carenze, mancanze, come, ad esempio l’umidità dell’abitazione, gelate notturne ecc.ra., il concessionario dovrebbe essere informato ugualmente, ed al meglio possibile.)

2.3.3.5.      Con quanto detto io credo propio d’aver sufficientemente illustrato le conseguenze, per l’agricoltura, della statalizzazione del suolo, affinchè ognuno si ritrovi già familiarizzato con le nuove situazioni da essa introdotte nel paese.

2.3.3.6.1. Riassumendole, la statalizzazione del suolo apporterà, nel paese, queste conseguenze:

2.3.3.6.1.1.           una volta terminato il pagamento delle indennità d’esproprio[15], cessazione delle rendite private, e, conseguentemente, dei sedicenti "bisogni dell'agricoltura", cessazione dei dazi e dell’interferenza della politica.

2.3.3.6.1.2.           Con l’abolizione della proprietà privata del suolo, cessazione anche della possibilità d’indebitamento per la medesima e/o per la liquidazione dei coeredi;

2.3.3.6.1.3.           inoltre non solo la cessazione dell’ulteriore parcellizzazione del territorio, da eredità, ma anche la possibilità di una semplice ed agevole ricostituzione della dimensione poderale giusta.

2.3.3.6.1.4.           Della gleba[16], non ci sarà più nessun padrone, come anche nessun servo: insomma, generale parità.

2.3.3.6.1.5.           Nessun padrone del vapore, con la relativa indipendenza totale, apportante benefiche conseguenze su salute, evoluzione ulteriore, religione, formazione personale, felicità e gioia di vivere.

 

2.3.4.: SITUAZIONE DELL’ INDUSTRIA MINERARIA

 

2.3.4.1.      Per l’industria mineraria, la statalizzazione del suolo è indubbiamente più semplice dell’agricoltura, potendosi prescindere dalla concessione e concedere l’estrazione semplicemente a cottimo [17] (Accordo di sottomissione).

2.3.4.1.1. Lo Stato affiderebbe l’estrazione ad un imprenditore o a cooperative di operai a cottimo, pagando per ogni tonnellata un salario concordato, in valore un po’superiore al minimo salariale, e successivamente vendendosi il ricavato al maggior offerente.

2.3.4.1.2. L’utile netto affluirebbe nelle casse dell’erario come rendita immobiliare, a diminuzione del carico fiscale.

2.3.4.1.3.  Questo procedimento già di per sè abbastanza semplice potrebbe senz’altro venire adoperato ovunque non ci sia bisogno di attrezzature tecniche particolari e costose,

2.3.4.1.4. quindi, per esempio, nelle torbiere, miniere di lignite, cave di ghiaia, argilla, sabbia, e pietra, campi petroliferi [18] ecc.ra.

2.3.4.1.5. E’lo stesso procedimento che già oggi viene generalmente usato nelle foreste statali e quindi collaudato positivamente da una consuetudine ormai secolare.

2.3.4.1.6. L’amministrazione del patrimonio forestale concorda con gli operai in pubblico cottimo il compenso da pagargli per ogni metro cubo di risulta, e certo così il cottimista ottiene un compenso maggiore del minimo salariale;

2.3.4.1.7. poi viene venduto al maggior offerente il legname, abbattuto dagli operai ed ordinatamente disposto in stipe, secondo la sua qualità e dimensioni.

2.3.4.1.8. Qualunque possibilità di frode è superata dal fatto che non appena la misurazione non sia corretta, il commerciante reclama [19]; egli insomma diventa un non pagato assistente ai lavori e così accadrebbe anche nell’industria mineraria;

2.3.4.1.9. mentre, per la classe operaia, sarebbe un’agevolazione non indifferente il potersi unire in lavoro cooperativistico, bypassando l’imprenditore (idea peraltro, al giorno d’oggi, ancora da studiare), dato che in questi casi non sarebbe necessario nessun investimento notevole:

2.3.4.1.10.             la miniera appartienne allo stato e l’operaio ha quindi bisogno solo dei suoi strumenti di lavoro.

2.3.4.2.      Invece, nelle miniere di carbone, come del resto in praticamente tutte le miniere profonde, la questione si complica a causa della necessità d’enormi investimenti, ma esistono alcune procedure che sono ugualmente praticabili:

2.3.4.2.1. Lo Stato fornisce l’investimento di capitale; assicura i lavoratori contro morte ed incidenti e, per tutto il resto procede come sopra, cioè remunerando la classe operaia a cottimo (accordo).

2.3.4.2.1.1.           (Questo procedimento è quello attualmente e generalmente in uso, nelle miniere private che statali.)

2.3.4.2.2. Lo Stato fornisce, come sopra, l’investimento di macchinari e dà tutta l’azienda a cottimo a cooperative di operai.

2.3.4.2.2.1.           Per quanto mi consta, questo procedimento attualmente non sarebbe applicato; esso potrebbe essere interessante per i lavoratori orientati al comunismo, perché così gli operai potrebbero imparare ad autoregolarsi da soli ed in completa autonomia.

2.3.4.2.3. Lo Stato affida alle cooperative di operai tutta l’industria mineraria, attrezzature comprese e pagando, alla cooperativa di operai, un compenso a cottimo, concordato in pubblica asta per i prodotti estratti che poi vende al maggior offerente.

2.3.4.3.      Poichè i prezzi di vendita sono condizionati da molte circostanze, un quarto procedimento, che cioè deferisca ai lavoratori anche la vendita, mi suscita non poche perplessità.

2.3.4.4.      Sicuramente per le miniere molto grandi e con migliaia di lavoratori sembrerebbe più praticabile il procedimento dei commi 2.3.4.2.1.i, per aziende medie quello dei commi 2.3.4.2.2.i, mentre quello dei commi 2.3.4.2.3.i solo per le piccole.

2.3.4.5.      Nuovamente qualunque differenza fra ricavi e costi affluirebbe nelle casse dell’erario come rendita agraria.

2.3.4.6.      Per la vendita i prodotti si potrebbero seguire due procedure diverse:

2.3.4.6.1. Prezzo fisso nel tempo per tutti i prodotti, estraibili in quantità illimitata, e di cui quindi la domanda sia solo funzione della richiesta,

2.3.4.6.1.1.           essendo stata preventivamente documentata la regolarità e continuità dell’estrazione.

2.3.4.6.2. Asta pubblica, al maggior offerente, per tutti quei prodotti invece sicuramente non estraibili in quantità illimitata e quindi la cui produzione non possa soddisfare la domanda (o non sodisfarla in eterno).

2.3.4.6.2.1.           Infatti per tutti quei prodotti - per cui la produzione non può soddisfare la domanda – se non ci speculasse il Demanio in partenza, lascerebbe alla speculazione privata campo libero di farlo successivamente;

2.3.4.6.2.2.           ed allora, se il vantaggio non può andare al consumatore, almeno che resti al Demanio.

 

2.3.5.: SITUAZIONE DELL’ ENERGIA IDRAULICA.

 

2.3.5.1.      Anche se solo in alcuni paesi giù riveste un ruolo importante, un prodotto del suolo - di particolare interesse nonché destinato ad ulteriormente crescere d’importanza con i progressi della tecnica - è rappresentato dall’energia idraulica.

2.3.5.2.      Per le centrali elettriche maggiori, che forniscono la luce alle città e la forza motrice per gli usi industriali, la statalizzazione sarebbe certo la cosa più semplice, particolarmente per l’estrema semplicità di questi stabilimenti.

2.3.5.3.      Ma per quelle minori, che cioè abbiano un singolo utente, tipo mulini e segherie, sarebbe da unificare il prezzo di vendita dell’energia, facendogli seguire passo passo quello del carbone.

 

2.3.6. SITUAZIONE DELLE UNITÀ IMMOBILIARI URBANE.

 

2.3.6.1.      Maggiori difficoltà offre la statalizzazione delle unità immobiliari urbane, dando per scontato sia che non si potrà certo contare sulla collaborazione di controparte, sia che lo Stato, DEVE ugualmente assicurarsi il controllo totale della rendita.

2.3.6.1.1. Non volendo calcare la mano, si potrebbe ripiegare sul diritto di superficie, come avviene per la maggior parte delle abitazioni di Londra.

2.3.6.1.2. Con simile procedimento, al concessionario e per qualunque utilizzazione compatibile col P.R.[20], è consentito il suolo per un lungo termine (50-70, a Londra addirittura 99 anni [21]) contro un canone annuale, convenuto per l’intiero periodo.

2.3.6.1.3. I diritti del concessionario sono trasferibili ed ereditabili (per il periodo residuo), così che sul suolo si possono anche costruire case da vendere.

2.3.6.1.4. Se poi, nel corso del tempo (ed in 100 anni davvero molte cose possono succedere!) la rendita agraria dovesse salire, essa va a tutto vantaggio del concessionario (e, come nel caso di Londra, tale margine può essere davvero considerevole),

2.3.6.1.5. mentre, se diminuisse, costui dovrebbe accollarsi la perdita (ed anche questa potrebbe essere molto grande).

2.3.6.1.6. Poiché le superfetazioni sul suolo servono anche come pegno per il regolare pagamento del canone, lo Stato è supertutelato, mentre generalmente i profitti, dell’affitto delle singole unità immobiliari generalmente consente una notevole sicurezza anche al concessionario.

2.3.6.1.7. Però, come noi sappiamo dai casi di Babilonia, Roma, Venezia, la storia delle città ha un suo ciclo vitale che talvolta, anche se non sempre, viene notevolmente ridotto da semplici imprevisti.

2.3.6.1.7.1.           La scoperta della via marittima per le Indie, ad esempio, comportò decadenza per Venezia, Genova, Norimberga ed invece un enorme sviluppo per Lisbona; mentre poi, con l’apertura del canale di Suez, la sola Genova è di nuovo tornata in auge.

2.3.6.1.7.2.           (Lo stesso sicuramente succederà a Costantinopoli con l’apertura della ferrovia per Bagdad. [22])

2.3.6.1.7.3.           Ed ugualmente non si dovrà sottovalutare, che la legislazione economica può apportare gravissime crisi, comportanti enormi variazioni di prezzi, come è già avvenuto una volta, nel 1873, quando venne abrogata la libera coniazione dell’argento.

2.3.6.1.7.4.           (Né si può escludere il ripetersi di simile eventualità e - nuovamente per colpa delle stesse lobbies dell’altra volta - la stessa sorte (cioè l’abrogazione della libera coniatura) potrebbe toccare all’oro,

2.3.6.1.7.5.           in questo caso la sua richiesta diventerebbe talmente limitata, che il prezzo crollerebbe e tutti i prezzi pattuiti in oro potrebbero ridursi anche al 50 % con conseguente perdita per i creditori (nel nostro caso lo Stato) e grande profitto dei debitori.

2.3.6.1.7.6.           In Austria la cartamoneta ha già sostituito l’oro ed in India l’argento, e nulla ostacola gli sviluppi di questa tendenza.

2.3.6.1.8. In conclusione non vi è la minima certezza che, per tutto il tempo della concessione, la rendita permanga al livello stabilito.

2.3.6.1.8.1.           Anzi: come conseguenza della politica e/o di svariate circostanze economiche, - tra cui non è da escludere che, con la statalizzazione del suolo, l’odierno esodo dalle campagne possa invece ritrasformarsi in un contro-esodo –

2.3.6.1.8.2.           una concessione a lungo termine potrebbe risolversi in un’impresa notevolmente rischiosa, con, per lo Stato, gravi perdite di potere d’acquisto.

2.3.6.2.      Da non trascurare neanche il problema del riciclaggio degli edifici, a concessione scaduta, perché - se è vero che contrattualmente l’edificio perviene allo Stato gratuitamente - tuttavia potrebbe esser ridotto in condizioni tali da dover essere solo demolito:

2.3.6.2.1. sia con la costruzione che con la manutenzione, il concessionario infatti potrebbe aver regolato le cose in modo che la godibilità dell’immobile non superi notevolmente la durata della concessione.

2.3.6.2.2. E quando le case non siano ben costruite, da una parte si ha il vantaggio di poterle ammodernare, di volta in volta, a proprio gusto e con i progressi della tecnica,

2.3.6.2.3. ma prevale nettamente lo svantaggio economico, come è successo con le ferrovie francesi,

2.3.6.2.4. che lo Stato lasciò sprovvedutamente costruire da privati, con la condizione che, dopo 99 anni, l’intiera realizzazione sarebbe ritornata di proprietà dello Stato.

2.3.6.2.5. Ma poiché essa fu realizzata – e poi soprattutto successivamente mantenuta – in modo da consegnare allo Stato nient’altro che gli avanzi, insomma un vecchiaccio in fase terminale, sfasciato, consumato, solo macerie, che vantaggio ne ha egli avuto?

2.3.6.2.6. Ancorchè quel contratto sia scaduto solo recentemente, già si è convinti che, con quell’incauto contratto, la Francia abbia fatto un gran pessimo affare; e lo stesso potrebbe sicuramente accadere anche alle concessioni in diritto di superficie.

2.3.6.3.      Per invogliare i costruttori a lavorar bene e, soprattutto, a mantenere, ci si chiede pertanto se non sarebbe meglio che l’edificio venisse valutato e pagato dallo Stato un qualcosa, ma in che termini? ; si prospettano due possibilità:

2.3.6.3.1. in base all’utilità economica (differenza tra le spese di rifacimento totale e quelle di recupero [23]);

2.3.6.3.2. in base al costo di manutenzione ancora non ammortizzata: ma se si intendesse così prescindere dalla possibilità di fruttuoso riciclaggio,

2.3.6.3.3. lo Stato si potrebbe ritrovar costretto a dover acquistare, a caro prezzo, molti edifici inutili e solo da successivamente demolire, in quanto costruiti per sopperire ad esigenze solo transitorie e con la solita prospettiva che poi paga Pantalone!

2.3.6.3.4. Qualora quindi si optasse per il solo costo di costruzione-manutenzione ancora non ammortizzato, prescindendo dalle reali possibilità d’utilizzazione, qualunque progetto edilizio dovrebbe, quantomeno, essere preventivamente approvato dallo Stato.

2.3.6.3.5. Ciò però porterebbe sia ad un’economia burocratizzata e bustarellara che ad interventi di tutela contro l’abusivismo[24].

2.3.6.3.6. Perciò mi sembra più vantaggioso di concedere le costruzioni per un tempo illimitato, ma non certo fissando definitivamente il canone per l’eternità, bensì per un periodo di 3-5-10 anni a causa delle suddette possibili variazioni della redditività immobiliare[25].

2.3.6.3.7. Così anche per l’imprenditore edile il rischio del canone sarebbe fortemente ridotto, quasi nullo, mentre lo Stato raccoglierebbe una rendita adeguata, senza doversi preoccupare di poi dover restaurare gli edifici;

2.3.6.3.8. mentre tutta la responsabilità della migliore utilizzazione del terreno edificabile ricadrebbe, come è giusto che sia, sugli imprenditori edili.

2.3.6.3.9. E’impossibile arrivare ad una precisissima stima preventiva della rendita immobiliare e del canone, ma ci si potrebbe accontentare di fissarlo in modo che l’imprenditore vedesse premiata la sua operosità, senza che lo Stato venisse a rimetterci troppo.

2.3.6.4.      Per il rilevamento della redditività immobiliare in quartieri differenti basterebbe che lo Stato vi avesse eretto, per conto proprio, un edificio d’affitto, per poi adeguare per confronto la valutazione di tutte le altre unità[26].

2.3.6.4.1. Dagli importi della pigione di ogni futura unità l’imprenditore potrebbe successivamente trattenere una cifra annua per il fondo d’ammortamento, gli interessi legali sopra i residui costi di costruzione non ancora ammortizzati, i costi di manutenzione e d’assicurazione contro gli incendi ecc.ra,

2.3.6.4.2. rimettendo mensilmente - alle casse dell’erario ed a titolo di normale rendita agraria - l’eccedenza di tutte le unità possedute,

2.3.6.4.3. il cui reddito non può essere determinato aprioristicamente, perchè molto viene a dipendere dal progetto di costruzione: l’economicità di realizzazione del piano tipo dovrebbe esseri costantemente ricercata;

2.3.6.4.4. ma, col suesposto procedimento, quand’anche il progetto dovesse essere variato, in corso d’opera, da parte dell’impresa esecutrice,

2.3.6.4.5. ugualmente non insorgerebbero contestazioni, risolvendosi, ad esempio, il tutto sia in meno affitti da percepire - è vero - ma anche in meno canone da versare,

2.3.6.4.6. mentre poi, un accorto imprenditore si vedrebbe indirettamente costretto non solo a redigere, per le sue case, un ottimo progetto, ma anche a realizzarle, sempre e strettamente, con un eccellente standard edilizio,

2.3.6.4.7. poichè ogni motivo di preferenza delle sue case, rispetto alla concorrenza, tornerebbe a suo personale vantaggio.

2.3.6.5.      Da considerare inoltre - cosa più importante di tutte, in previsione delle flessioni del saggio d’interesse di cui ai commi 2.2.2.7.i –

2.3.6.5.1. che quello da applicare al costo di costruzione - e da cui viene largamente a dipendere il calcolo del canone di concessione –

2.3.6.5.2. non dovrà assolutamente essere fissato in partenza, cioè al momento della contrattazione della concessione, ma anzi specificatamente deve risultare che sarà usato, volta per volta, quello vigente nell’anno in oggetto (saggio variabile):

2.3.6.5.3. perché, se sia il 4- 3,5 o 3 %, il dato è sostanziale, ai fini della rendita agraria (vedi tabella[27])

 

ANNO

SAGGIO

INT.SE

 

%

RESIDUO

COSTO

LAVORI d.m.

AFFITTI

INTROI-

TATI

d.m.

INTER.SI

SUL

COSTO DI

COSTR.NE

AMMOR-

TAMEN-

TO

 d.m.

CANONE

AGRARIO

E COSTI

VARI d.m.

X

4

200.000

20.000

8.000

6.000

6.000

X+1

3

194.000

20.000

5.820

6.000

8.180

X+2

2

188.000

20.000

3.760

6.000

10.240

X+3

3,25

182.000

20.000

5.915

6.000

8.085

 

(per i valori in grassetto vedi il comma 2.3.6.6.1.)

 

2.3.6.5.4. Come si può vedere, con la discesa di un punto (dal 4 al 3%) il capitalista viene a perdere ben 2.180 d.m. di resa annua, ed ancor di più con quella di due punti ecc.ra,

2.3.6.5.5. talchè ciò, se non sorretto da un’incontestabile ed inoppugnabile base contrattuale, causerebbe un’indignata contestazione.

2.3.6.5.6. Ad esempio, per la sola città di Berlino la discesa d’ogni punto del saggio d’interesse equivarrebbe ad almeno 20 milioni di d.m. di canone agrario+costi vari in più.

2.3.6.5.7. Sia dunque chiaro che, in una simile situazione, occorre assolutamente evitare qualunque possibile contestazione.

2.3.6.5.8. Nella parte successiva, dedicata alla moneta di ghiaccio, io esporrò accuratamente il procedimento per il rilevamento dei reali redditi di capitale, a cui ora rimando,

2.3.6.5.9. anche se, indipendentemente da ciò io già vorrei avanzare subito la proposta di prendere - come saggio d’interesse per gli investimenti in edifici - il profitto medio, realizzato nell’anno precedente, da tutte le partecipazioni in società di capitali, quotate nella borsa nazionale.[28]

2.3.6.5.10.             Con ciò si assicurerebbe al capitale immobiliare lo stesso profitto mediamente conseguito da quello industriale, cosa che libererebbe l’industria edile da ogni rischio d’impresa, procurando a questo ramo, per il meglio degli inquilini, grandi investimenti.

2.3.6.5.11.             (Perché ognuno che ricercasse un investimento sicuro, conferirebbe il suo denaro alle costruzioni, che sicuramente rendessero quel profitto medio,

2.3.6.5.12.             ma che verrebbe comunque applicato solo ai fini del calcolo della rendita agraria delle case in affitto agevolato.)

2.3.6.6.      [29]Con riferimento alla tabella precedente, i cui costi di costruzione corrispondono attualmente ad un edificio di 500 mq. di superficie coperta,

2.3.6.6.1. supposto che il saggio medio (come suddefinito) sia stato 3,25%, si otterrebbero gli ultimi valori (riportati in grassetto), corrispondenti ad una disponibilità economica, per canone agrario e spese di manutenzione ed assicurative) di circa 6,17 d.m. x mq. /anno. (calcolo: 8.085 d.m./500 mq. ) = ....

2.3.6.7.      In prima approssimazione e senza entrare nel merito delle clausole particolari che solo l’esperienza può suggerire, noi schematizziamo come segue un contratto di affitto-tipo fra Stato ed imprenditore edile:

2.3.6.7.1. Nel comune___________lo Stato cede all’imprenditore edile XY il diritto di superficie dell’appezzamento nr.12 della via Claudia al canone annuo di d.m.______

2.3.6.7.2. Questo canone agrario è stato calcolato in base a quello rilevato nella simile casa campione rintracciabile nella stessa strada lotto Z,

2.3.6.7.3.  ma sarà successivamente adeguato, alla costruzione realmente effettuata, col seguente calcolo:

2.3.6.7.4. somma degli affitti, conseguiti in pubblica asta - [il X% x costo di costruzione, per l’ammortamento + costi di manutenzione + costi assicurazioni + 'Y’x (residuo capitale ancora da ammortizzare)], essendo Y il 'Saggio medio di resa, rilevato nell’anno precedente su tutti i titoli nazionali quotati alla Borsa di Berlino'.



[1] N.d.t.: sembra assurdo, ma nello studio delle conseguenze di una riforma così sofferta ed importante G., sorprendentemente, neanche si pone il problema dell’impatto sullo statu quo ante, come se si dovesse operare completamente ex novo e non sovrapporsi a tutta una situazione di fatto già esistente: a mio giudizio ciò è tatticamente errato, perchè si corre il rischio di ingigantire l’opposizione, facendoci confluire (oltre ai proprietari, la cui opposizione è da ritenersi scontata) anche tantissimi inquilini od assegnatari (che invece potrebbero anche simpatizzarci, od almeno essere indifferenti) solo per la paura di vedersi scavalcati o di subire aumenti di prezzi; non bisogna dimenticare che l’uomo, ancor prima che 'fabbro’è sicuramente 'abitudinario’e conservatore; pertanto all’inizio e per almeno un biennio - anche a costo di fare un semplice giro di denaro, interponendosi solo per prendere l’affitto dall’inquilino e consegnarlo tutto al proprietario, io proporrei una tattica 'oraziana’: confermare tutte le locazioni esistenti, rinviando per esse l’asta pubblica di un biennio o triennio, ed affrontare invece subito il problema delle terre sfitte o gestite dai proprietari (che sono una minoranza), riconoscendo comunque a costoro il diritto di prelazione anche con un -10% rispetto alla maggiore offerta, abbattimento che poi riconoscerei anche in favore sia del precedente conduttore ( e suo coniuge e discendenti diretti), sia (ma in second’ordine, se il conduttore non è interessato) al proprietario espropriato o suoi congiunti ed eredi. In tal modo il fronte dei possibili oppositori verrebbe frazionato e, se in quel biennio o triennio la riforma avesse fatto buona prova di sè, nell’asta rinviata si incontrerebbero molti meno problemi perchè il conservatorismo umano ora incomincerebbe già a funzionare 'pro riforma’e non più contro.

[2] N.d.t.: un’indicizzazione senza precedenti e talmente pazzesca da ritenerla un errore di copiatura, talchè, all’inizio, son corso a controllare le traduzioni inglese e spagnola, il cui succo però non cambia (del resto poi me la son ritrovata uguale - anzi ampliata - anche al comma 2.3.2.17.6.5.) Ovviamente G. è stato indotto in errore dal comma 2.3.3.3.1.; ma ragioniamo un momento: essendo il prodotto agricolo praticamente quasi tutto deperibile, è giustissimo introdurre una disposizione 'normativa’(appunto la 'norma’sovietica!) per prezzi minimi, onde evitare lo strangolamento del produttore ......... ricordo ancora mia madre - quando, al mercato, i pomodori da insalata già stavano a 60-70 £./kg. (fine anni 40-inizioanni 50) - liticare coi grossisti ortofrutticoli, "Diciannove lire al kg. questi meravigliosi pomodori che fanno quasi un kg. l’uno?!....ma è un furto: non ci pago neanche le giornate di lavoro!"; e l’altro "Signò! abbiamo fatto l’accordo che nessuno li pagasse meglio! allora prendite 'ste 19 lire perchè se continui ad offenderci (sic!!!) ce ne andiamo e tra tre giorni li devi solo sovesciare (*) ........prendere o lasciare!" (*) 'sovesciare’= sotterrare una coltura usandola come concime per quella successiva. Risultato di questo strangolamento: mia madre prese quei pochi fogli da mille, ma l’hanno dopo non fece più coltivare il giardino di Formia. Fin qui quindi, tutto bene; ma se vi sia un generalizzato aumento salariale, anche se il coltivatore dovrà, indubbiamente, pagare di più le opere e anche maggiormente valutare il suo apporto lavorativo, potrà anche ottenere assai di più dalla vendita dei suoi prodotti: il canone d’affitto quindi - se pure non aumentato (come è tendenza di tutte le clausole d’indicizzazione moderne), può essere benevolmente conservato, ma sarà addirittura il caso di diminuirlo .........?!?! Un abbaglio economico: del resto, anche il contratto finale sembra scritto più con le preoccupazioni di un concessionario che non con quelle di un concedente, più scritto dal primo che non dal secondo! Non posso che contestare simile indicizzazione.

[3] N.d.t.: per i commi 2.3.1.3.i., testo tedesco particolarmente nebbioso, che crea completa discordanza nelle traduzioni: riporto (ma quasi sempre con altre parole ed anche con altra impostazione del concetto) quello che, secondo me, G, aveva voluto dire e che diverge sia dalla traduzione inglese che da quella spagnola; in ogni caso una ragione di più per preoccuparsi di quanto esposto alla nota uno.

[4] N.d.t.: movimento religioso protestante (XVI secolo) fondato in Olanda da Menno SIMONS ed in Svizzera da Ulderico ZWINGLI; idee simili agli, dagli Italiani più conosciuti, Anabattisti e Quaccheri, vita rurale, tradizionalista ed antimodernista (fino al punto di tuttora vestire abiti rinascimentali), pacifismo dichiarato ed intenzione di regolare la vita in base al Vangelo ed all’insegnamento dei Cristiani Primitivi. Perseguitati in Europa come eretici si rifugiarono essenzialmente in Pennsylvania ed in Canada; dopo la 2^ guerra mondiale altre comunità mennonite, prevalentemente tedesche, si sono impiantate in Messico, Belize, Paraguay e Brasile.

[5] A Thommen, comune dell’Eifel, si usa sprezzantemente quelli di Heischen.... per significare morti di fame, mendicanti, con riferimento alla vicina cittadina di Heischen, che gestiva comunitariamente la molta sua terra!

[6] N.d.t.: ovviamente in Svizzera, nelle vicinanze di Basilea.

[7] N.d.t.: le giuste ricriminazioni di G. riguardano in misura minore Germania e Francia - dove in realtà è stato frequentemente applicato il principio del maggiorascato (*) - mentre l’Italia ne è stata veramente distrutta. Ad esempio, nel paese di mia moglie, Bojano, per successivi frazionamenti tra i figli, si è arrivati ad addirittura formare migliaia di particelle anche solo di poche decine di metri, così inevitabilmente facendo terra bruciata ed abbandonata!! (*) principio del maggiorascato = principio contro il frazionamento della proprietà agraria, consistente nel lasciarla integra generalmente nelle mani del figlio maggiore, liquidando con denaro gli altri. Il positivo risultato è stato che quei paesi europei hanno ancora un notevole numero di medie aziende agrarie sui 30-40 ha. - quindi tuttora pienamente coltivabili - a fronte dei 3-4 ha. dei coltivatori diretti italici.

[8] N.d.t.: chiaro riferimento al casino successo negli anni 70 (del 19° secolo) col passaggio al Gold-standard e l’abolizione del bimetallismo; si vedano in proposito i commi 4.7.10.i.

[9] N.d.t.: nei tre commi seguenti G. fornisce indirettamente un buon motivo alla candidatura di Berlusconi e di altri imprenditori entrati in politica per autoproteggersi ed evitare così di finire, come me, imprenditore archiviato (vedi commi 0.1.3.2.2.6.17.2.i.). Comunque rigetto nel modo più assoluto l’affermazione della sinistra più imbecille che ci sia stata una volontà e/o complotto imprenditoriale di dominazione della politica: quello di Berlusconi (e di altri) è stato, semmai e come nel calcio, un fallo di reazione, mentre mi risulta, anche per esperienza diretta, un enorme e purtroppo anche largamente riuscito tentativo della politica, di dominare l’economia; non è un mistero, ad esempio, che – se non si è imprenditori targati - non si riesce più ad ottenere una concessione edilizia!

[10] N.d.t.: Non credo a questo teorema, probabilmente supposto per analogia con la legge di Say (o degli sbocchi o d’inversione della causa efficiente): ma se effettivamente, rinunciando alla proprietà privata immobiliare potesse sparire la politica…..Compagni, ma cosa aspettiamo?!?!?! (come nell’ilare e wilderiano ‘Un, due, tre’(*) (*) Per la comprensione: in quel delizioso film due tavarich sovietici stanno meditando di tagliare la corda ed è il più giovane ad insistere, mentre quello anziano esita e ribatte “Fai presto a dirlo tu, Cuompagno, che sei giuovane e scapolo: ma io sono un cuommissario puolitico e poi sono spuosato, ho muoglie, quattro figli, suocera, cane……….Cuompagno, ma cosa aspettiamo……!!!” e scappano……

[11] N.d.t.: perdoniamogli anche quest’altra puttanata, perché si riferisce ai tempi passati, prevalentemente germanici e dichiaratamente non ipotecando il futuro: non poteva sapere che cosa avremmo dovuto sopportare noi italici della prima e seconda repubblica!!!

[12] N.d.t.: gli Italiani, che hanno sempre considerato quella data come la festa dei cornuti potrebbero sentirsi presi per i fondelli, dato che, ad esempio, nel Lazio, posto a minore latitudine, l’annata agraria incomincia col 6 novembre, mentre in Germania (che ha il raccolto ritardato d’alcuni giorni rispetto al Lazio) incomincia appunto coll’11 novembre e Gesell si riferisce ovviamente alle consuetudini germaniche.

 

[13] N.d.t.: per il meglio del lettore aggiusto notevolmente i seguenti tre commi, pur mantenendo i concetti

[14] N.d.t.: affermo inoltre l’assoluta indispensabilità di un 'centro di coordinamento ed indirizzo della produzione’anche allo scopo di tutelare queste lodevolissime 'miniaziende’agricole, così preservandole da una sicura sovraproduzione di qualche genere e magari da sottoproduzione di altri. Un’esperienza del genere avrebbe infatti, in ogni caso, immensi risvolti: a) se riuscita, evoluzionistici, costruendo nuove generazioni dalla mentalità imprenditoriale, cioè col modo di lavorare del buon padre di famiglia e non più con quella operaia del 'passatempo’in attesa di stipendio; b) ma, se fallita, d’involuzione e del tipo peggiore: cioè la convinzione che non ci sia assolutamente nulla più da opporre al caos ed alla decadenza!

[15] N.d.t: ho inserito questa doverosa precisazione, non presente nel testo tedesco: dal mio punto di vista è inutile vantarsi al momento della partenza per la caccia, mentre lo si può anche fare quando si ritorna in famiglia con la pelle dell’orso sulle spalle!

[16] N.d.t.: ho preferito (anche impropriamente) questo termine medioevale, perchè storicamente sono esistiti i 'servi e gli schiavi della gleba’ma non invece i 'servi del terreno'

[17] N.d.t.: G. ovviamente si riferisce alla Germania, perchè in Italia i Sindacati hanno ASSURDAMENTE preteso ed ottenuto il divieto del cottimismo (cioè del pagamento non a tempo ma per unità di produzione), affermandolo forma di 'autosfruttamento di Sua Maestà il lavoratore’: dal mio punto di vista o 'Sua Maestà il lavoratore’è, effettivamente e del tutto, incapace d’intendere e di volere (come i suoi interessati 'protettori’sostengono), ma in tal caso i primi suoi atti da invalidare sarebbero appunto il suo voto politico e la sua delega sindacale (col che qualunque Sindacato - ed anche certi partiti - resterebbero deligittimati) oppure – per chi sia ormai da tempo in grado di leggere e scrivere (spesso addirittura anche in altra lingua!), evoluto e cosciente e quindi in grado di comprendere e d’impegnarsi – sarebbe il caso d’incominciare ad ammettere l’opponibilità - anche contro l’operaio che l’abbia sottoscritto 'clam, nec vi, nec dolo’(*) - di qualunque accordo, pagamento, volontà, attuata e/o manifestata; solo per gli ormai fortunatamente rari analfabeti potrebbe proseguire l’attuale l’opponibilità dell’accordo preso solo con l’assistenza dei Sindacati. (*) latino, del classico diritto romano, = 'manifestamente, senza violenza e senza frode'

[18] N.d.t.: G. si riferisce ovviamente all’industria petrolifera della fine del XIX secolo, sfruttante giacimenti affioranti o molto superficiali (e non gli odierni giacimenti profondi); si pensi che nella seconda metà del XIX secolo, nel Texas i petrolieri sostenevano che per localizzare un nuovo pozzo gli bastava lanciare il cappello e, dove si posava, incominciavano a scavare!

[19] N.d.t.: tesi è totalmente inconsistente: evidentemente G. non conosceva le italiche eccezionali inventiva e capacità brogliereccia, perchè accade spesso, in queste aste, che l’acquirente si accordi con la ditta per indicare il lotto in misura ridotta di un 20 o 30% (ovviamente indennizzandola successivamente in nero ed anche con un sovrapremio) per poter apparentemente offrire più degli altri, così aggiudicandoselo facilmente.

[20] N.d.t.: anche questa doverosa precisazione non è presente nel testo tedesco.

[21] N.d.t.: gli inesperti si potrebbe chiedere se gli Inglesi siano folli, ma non lo sono affatto! Anche se abbiamo già visto (nota 1 del capitolo 2.2.) che il Fisco italiano consente generalmente l’ammortamento degli immobili sino al 3% annuo del valore iniziale (= azzeramento del fondo in poco più di 33 anni), il 3% è un massimo ma che poi consente diverse altre svariate soluzioni per contemperare la redditività immobiliare con la possibilità di pagamento del canone da parte degli inquilini: ad esempio, fissando - con la legge dell’equo canone - il massimo prelievo, contro l’inquilino, al 3,85%, attribuendo almeno 3 o 3,5% alla componente 'interessi sull’investimento', ne consegue la disponibilità, per l’ammortamento, di neanche un 0,85 (ammortamento in circa 118 anni) o addirittura 0,35% (ammortamento in circa 286 anni); la concessione londinese per 99 anni comporta la fissazione del saggio d’ammortamento nello 1,01% annuo, generando quindi canoni d’affitto già ben maggiori di quelli italiani calcolati ex lege equo canone, ma che evidentemente il reddito medio inglese può sostenere.

[22] N.d.t.: opera colossale, per dimensioni ed investimento quasi 'americana', effettuata dallo Scià di Persia, dopo la prima guerra mondiale, utilizzando le royalties petrolifere e con tecnologia prevalentemente tedesca, ed avente lo scopo di collegare Costantinopoli col Golfo Persico, attrraversando da nord a sud tutta la Persia.

[23] N.d.t.: in tedesco vi è solo '(Bauplan, Anlage)’cioè ('progetto di costruzione', mentre 'Anlage’ha almeno una decina di significati possibili, tra cui costruzione, impostazione, concezione, investimento, predisposizione, area attrezzata ecc.ra), per cui la traduzione è una mia interpretazione logica, in base sia a quello che precede che a quello che segue.

[24] N.d.t.: 'Beamtenwirtschaft’= economia burocratizzata, ho aggiunto 'bustarellara’sembrandomi evidente una valutazione spregiativa dell’economia burocratizzata; 'zur Bevormundung, zu gedankenlosem Tun’letteralmente = 'per tutela al troppo scriteriato fare’: mi son sentito autorizzato ad interpretare come sopra.

[25] N.d.t.: anche in questo caso G. manca del concetto di vulnerabilità; con riferimento anche alla nota 1 del cap. 2.2. si deve tener conto che, dopo la riforma, per ottenere i nuovi investimenti, in nuove costruzioni, bisognerà necessariamente introdurre una nuova filosofia fiscale che consenta assolutamente l’effettivo ammortamento (altrimenti cesserà completamente la realizzazione di nuovi immobili) ; per la fiscalizzazione del reddito immobiliare, l’attuale legislazione italiana, prevede l’autorizzazione a stralciare, dal conto profitti e perdite dell’anno, una quota massima del 3% annuo per l’ammortamento dell’immobile e tassando il resto del reddito al 35%; io invece suggerirei la detrazione minima del 3% per il fondo d’ammortamento, ma lascerei la massima ad libitum del proprietario, fino all’intiero importo del reddito: tanto quel che si perde di IRPEF-IRPEG lo si riguadagna in anticipata cattura dell’immobile. Disporrei inoltre un equo canone forzoso, per entrambi i contraenti, pari al 5% del fondo ancora da ammortizzare alla data del 01 genn. (vedi tabella allegata). Esaminiamo adesso la vulnerabilità a cui si è accennato precedentemente: in sede di revisione del canone, alla gara dell’anno (x+4), l’imprenditore Z offre più di Y, che si ritira, richiedendo ovviamente allo Stato - avendo ammortizzato 3% x 3 anni = 9% - il reintegro in contanti del suo investimento pari al 91% dell’investimento iniziale, e per gli immobili si tratta di centinaia di migliaia di €, se non addirittura di milioni. Ora, nel gran numero degli immobili, qualche migliaio di eventi simili, costringerebbero lo Stato a reperire, ogni anno, una liquidità spaventosa che farebbe esplodere il saggio d’interesse, cosa contrarissima alla filosofia instaurata. PERTANTO LA PROCEDURA SUGGERITA DA G. DIVENTEREBBE UN BOOMERANG. BISOGNA SEMPLICEMENTE AFFERMARE e RIBADIRE CHE SI CONSENTIRA’L’EFFETTIVO AMMORTAMENTO DELL’INVESTIMENTO, TASSANDO INVECE IL REDDITO CON UN’IMPOSTA COMPLEMENTARE (tipo le nostre IRPEF-IRPEG) INTORNO AL 30% (negli esempi che seguono si continuerà con l’attuale 35%.)

 

 

ANNO

SVAL.NE

I N V E S T I M EN T O

RED,TO

Al FONDO

IMPON.LE

IMPORTO

 

 

 

 

5%

AMMOR.TO

da fiscal.re

TASSA

 

%

Descriz.ne

€.

€.

€.

€.

35% €.

 

 

base

1.000.000

 

 

 

 

 

 

manut.ne

2.000

 

 

 

 

N

 

svalut.ne

 

50.000

30.060

19.940

6.979

 

 

ammor.to

-30.060

 

 

 

 

 

 

nuova base

971.940

 

 

 

 

 

2,00%

base

971.940

 

 

 

 

 

 

manut.ne

 

 

 

 

 

N+1

 

svalut.ne

19.439

48.597

29.158

19.439

6.804

 

 

ammor.to

-29.158

 

 

 

 

 

 

nuova base

962.221

 

 

 

 

 

 

base

962.221

 

 

 

 

 

 

manut.ne

4.825

 

 

 

 

N+2

 

svalut.ne

0

48.111

29.011

19.100

6.685

 

 

ammor.to

-29.011

 

 

 

 

 

 

nuova base

938.034

 

 

 

 

 

2,50%

base

938.034

 

 

 

 

 

 

manut.ne

2.128

 

 

 

 

N+3

 

svalut.ne

23.451

46.902

28.205

18.697

6.544

 

 

ammor.to

-28.205

 

 

 

 

 

 

nuova base

935.408

 

 

 

 

 

3,50%

base

935.408

 

 

 

 

 

 

manut.ne

2.000

 

 

 

 

N+4

 

svalut.ne

32.739

46.770

28.122

18.648

6.527

 

 

ammor.to

-28.122

 

 

 

 

 

 

nuova base

942.025

 

 

 

 

 

Commentiamo la tabella: la seconda colonna riporta la svalutazione verificatasi tra un anno e l’altro, nelle cinque sottorighe di colonna 3 e 4 vi è, nell’ordine, la base da ammortizzare alla data del primo gennaio; le spese di manutenzione sostenute nell’anno; la rivalutazione della cifra d’apertura del conto per l’intervenuta svalutazione, tutte col segno +; e, col segno meno, la dotazione al fondo d’ammortamento stanziata nell’anno (come minimo un 3% della base al 01genn., come massimo l’intiero reddito dell’unità) mentre la quinta sottoriga somma algebricamente le precedenti, rappresentando il fondo alla data del 31/12 e che ovviamente diventa apertura del fondo al 01genn. dell’anno successivo; in quinta colonna vi è il reddito annuale concesso con legge e pari al 5% dell’importo del fondo al 01genn.; le colonne 6-7-8 servono esclusivamente - nel caso che il proprietario dell’unità immobiliare non intenda procedere ad un ammortamento rapido (cioè dotando il fondo con l’intiero reddito dell’unità) – per calcolare la suddivisione del reddito fra dotazione fondo ammor.to (col.na 6), imponibile da fiscalizzre (col.na 7) ed imposta (col.na 8); il reddito 5% dovrebbe poter accontentare un po’tutti: il padron di casa perché recupera tutti i suoi investimenti al netto dell’eventuale svalutazione, senza sottostare allo squagliamento della icemoney, l’inquilino perché l’inevitabile aumento del canone dovrebbe essergli inizialmente accettabile mentre – in assenza di svalutazione, o almeno con svalutazione minore del 3% – il canone gli diminuisce nel corso degli anni, aumentando la sua capacità contributiva a compensazione del minor introito ottenuto dall’erario (sempre nel caso che il proprietario opti per l’ammortamento lungo.) In questo modo si possono poi ottenere numerosi vantaggi d’assieme: sia il giusto desiderio di G. di durata lunga (nel caso di svalutazione prossima al 3%, sia un buono standard costruttivo (perchè l’imprenditore sa solo la durata minima della sua concessione (cioè 33 anni) ma non la massima, perchè per le rivalutazioni e le migliorie potrebbe anche superare i cento anni); sia una buona manutenzione del patrimonio edilizio (perchè l’imprenditore tenderà a reinvestirci sopra, a più riprese, per valorizzare l’immobile e non far troppo diminuire i canoni di affitto) sia una perfetta onestà reciproca per gli ammortamenti, sia vantaggio per gli inquilini che si vedono diminuire l’affitto man mano che procede l’ammortamento dell’immobile (oppure sono avvantaggiati dai lavori di miglioria), come del resto è giusto che sia; inoltre non si verifica più la succitata vulnerabilità temuta, senza dimenticarsi che l’Abominevole acquisisce gratuitamente l’immobile non appena ammortizzato. Ancora questo orientamento corretto e legalitario farà cessare lo stato di prostrazione e sfiducia generalizzata nell’investitore immobiliare, per ottenere nuovamente la cui collaborazione l’Abominevole ha dovuto consentire alla rapina borsistica di fine secolo. Infine, il nessun profitto della proprietà immobiliare avrebbe anche un valore morale e di riabilitazione della categoria; infatti, magari per il comprensibile scopo di creare la 'condizione di necessità’sufficiente a vincere la renitenza al lavoro, ma l’Abominevole finora si è sempre fatto bello con le penne del pavone, cavando la castagna dal fuoco sia con la zampa del proprietario immobiliare, sia con quella dell’imprenditore, e polarizzando contro di essi (invece che contro di sè) l’odio popolare: il mio fascistissimo padre sosteneva che era semplicissimo far scoppiare la rivoluzione. Sarebbe bastato, secondo lui, ottenere il consenso dell’Abominevole – costantemente negato - alle seguenti due esplicitazioni: a) nelle buste paga: esplicitare l’effettivo costo del lavoro per l’imprenditore, evidenziando poi questo all’INPS, questo all’INAM, questo all’INAIL, questo alla GESCAL, questo a Raffa-Raffa ed il cazzo che resta al lavoratore; b) nelle ricevute d’affitto: evidenziare la scomposizione del totale in tanto d’IRPEF (circa 30%), tanto d’Imposta Fabbricati (15%) (*) tanto per INVIM, tanto per ammortamento, tanto per manutenzione ed assicurazioni, ed il solito cazzo al proprietario immobiliare! (*) mio padre (morto nel 1988), sia per i contributi che per le imposte si riferiva a quelli degli anni 70 circa: l’INAM è confluito poi nell’INPS, mentre la GESCAL è stata sciolta senza aver mai costruito neanche una casa per lavoratori, pur essendo stata costituita per tale scopo (ed avendo pappato tutta la sua notevole giacenza!); l’imposta fabbricati è stata poi dismessa ma sostituita con la ben più pesante ICI; l’INVIM, finalizzata a colpire la svalutazione che gli immobili non avevano subito, è stata fortunatamente e lodevolmente abolita. Quindi, per ottenere al mattino, la presenza del renitente lavoratore sul posto di lavoro, in pratica l’Abominevole ha costretto imprenditore e proprietario immobiliare ad accollarsi tutti i rancori e tutto l’odio, rubando per suo conto, impersonando l’anello finale della catena che sì trasmette lo strattone e che impicca, ma che non l’ha certo originato (anche se quest’ultima parte non è stata ovviamente mai compresa né dal lavoratore né tantomeno da Sua Maestà l’inquilino!!)

[26] N.d.t.: che l’Abominevole debba necessariamente costruire questo edificio campione in ogni quartiere solo allo scopo di rilevare il valore degli affitti, soprattutto anche in considerazione della succesiva rettifica di cui ai commi 2.3.6.4.4.i., equivale a cacciare un passerotto a colpi di cannone: introducendo l’obbligo di registrare i contratti d’affitto o rilevando i risultati delle aste, a qualche anno dall’introduzione della riforma, lo Stato dovrebbe disporre di una casistica tale da poter subito interpolare linearmente la valutazione di tutti i nuovi quartieri.

[27] N.d.t.: sicuramente questa parte del testo è il risultato di più e successive stesure non coordinate, perchè i valori tabellati assolutamente non prevedono nè il costo dell’ammortamento, nè le spese per manutenzione ed assicurazioni (pure tutte esplicitamente menzionate al comma 2.3.6.4.3.4). Possiamo quindi ragionevolmente supporre che in un primo momento G. abbia avuto l’intenzione di riconoscere, a favore degli imprenditori, solo gli interessi sull’investimento, redigendo in quel momento la tabella; che successivamente, resosi conto del grave errore commesso, abbia introdotto le varianti di testo richiamate, ma dimenticandosi d’aggiornare la tabella; l’ho fatto ora io, convinto d’interpretare le sue ultime volontà.

[28] N.d.t.: ciò andava benissimo per l’operosa Germania guglielmina, ma non certo per l’Italia del 21° secolo, in cui i bilanci in rosso si sprecano: almeno un paio di punti di minimo garantito andrebbero riconosciuti agli investitori immobiliari!

[29] N.d.t.: Il tedesco appare nuovamente fumoso: 500 mq., 200.000 d.m. d’investimento e 20.000 d.m. d’affitto (inizio secolo 20°) non possono essere riferiti ad una sola casa (intendendo casa come 'unità immobiliare', infatti ho tradotto edificio) ma sicuramente a più unità immobiliari; inoltre 400 d.m. a mq. è una spesa edilizia assurdamente grande per gli inizi del 20° secolo; anche in questo caso i valori riportati non prevedevano l’ammortamento ed i costi di manutenzione ed assicurativi. Secondo me si tratta di cifre esemplificative ed assolutamente senza riferimento alla realtà.